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LOS ANGELES - Il futuro delle auto sportive è luminoso. È questo il mantra di Oliver Blume, l’amministratore delegato di Porsche AG, l’uomo venuto dalle retrovie per sostituire Matthias Müller, chiamato oltre un anno fa a prendere le redini di mamma Volkswagen. Chiamarle retrovie non è esatto: diciamo che non è stato mai un “frontman”, ma conosce alla perfezione la macchina produttiva e logistica di Zuffenhausen visto che è stata lui a condurla in 3 anni che hanno visto un aumento di quasi il 50% volumi produttivi preparando obiettivi ancora più ambiziosi.
E forse solo chi ha costruito la macchina sa fino in fondo quello che può fare, anche in un ambiente sempre più ostile – o forse anche indifferente – per la passione e le prestazioni. Forse proprio per questo il nuovo Porsche Experience Center di Los Angeles è il più importante: «Gli Usa sono per noi un mercato chiave. È il più competitivo del mondo, guida le innovazioni, molte delle quali vengono proprio dalla California. Qui vediamo tecnologie, nuovi comportamenti di consumo e legislazioni sempre più complesse. Le start-up poi sfidano il mercato con modelli di business innovativi e dirompenti . Ma nonostante tutti i cambiamenti ai quali assistiamo – afferma sicuro Blume – il futuro delle auto sportive è luminoso».
Sembra un controsenso di fronte a sfide che si chiamano elettromobilità, connettività e soprattutto guida autonoma, concetti che sembrano negare l’esistenza stessa delle auto ad alte prestazioni e concedere loro il beneficio dell’esistenza solo all’interno di riserve indiane come lo stesso Porsche Experience Center. Eppure è proprio la California il luogo dove questo controsenso può essere risolto, con le buone o con le cattive: perché è la terra delle legislazioni più severe per l’automobile, ma è anche la frontiera dell’innovazione, della new economy di Apple e Google che ha allungato i suoi sguardi sulla mobilità. È da solo il quinto mercato mondiale per Porsche ed è anche la casa della Tesla, dell’auto elettrica che fa lo 0-100 km/h in 3 secondi, ha 500 km di autonomia e che si fa pagare 100mila dollari. Ristabilire certe gerarchie dunque è una missione, anzi una Mission E, il nome del concept del coupè 4 porte elettrico che prefigura la “Model S killer”, come la chiamano da queste parti.
«Arriverà entro il 2020 – continua Blume – e per farla stiamo investendo oltre un miliardo di euro». Una sfida che vedrà sicuramente altri capitoli, visti anche i piani per l’elettrificazione del gruppo Volkswagen, che non riguardano solo i prodotti e solo l’America e la California.
Porsche infatti è tra i promotori della nuova joint-venture – insieme a Audi BMW, Daimler e Ford – che si occuperà di creare una rete europea di 400 stazioni di ricarica superveloce a 350 kW in grado di surclassare quella dei Supercharger di Tesla in tutti i sensi: come numero – saranno già migliaia nel 2020 – e come efficacia visto che con voltaggi del genere sarà possibile fare il pieno della batteria in minuti e non più in ore.
«Per noi la carica ultraveloce e il giusto posizionamento delle stazioni di ricarica – ha detto Blume – sono i due fattori decisivi per passare dalle auto a combustione interna a quella completamente elettrica», considerazioni assolutamente coerenti per un uomo che ha la logistica e l’organizzazione nelle sue corde, ma soprattutto ha la responsabilità di portare un grande costruttore di auto sportive nel futuro.
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