Massimo Nordio presidente di Unrae e ad di Volkswagen Group Italia

Massimo Nordio, il presidente dell'Unrae:
«Chiediamo un aiuto per le famiglie italiane»

di Giorgio Ursicino
  • condividi l'articolo

ROMA - Inutile nasconderlo, una crisi ancora più dura di quella del lontano 1929 ha dato un brutto colpo all’economia e all’umore del Belpaese. In pochi anni è andato un fumo un decimo del Pil, un quarto della produzione industriale e la disoccupazione ha raggiunto livelli record (13,2%), con un picco di addirittura il 43,3% fra i giovani.

Sono scesi anche i consumi al dettaglio e in alcuni mesi, oltre alla recessione, abbiamo assaporato anche la deflazione. Certo non si può pensare ad un futuro senza ripresa, ma più di qualcuno sostiene che per tornare al prodotto interno lordo antecrisi bisognerà attendere il 2024, come avere fermato l’orologio dello sviluppo per quasi un ventennio. In questo quadro generale certo poco allegro ci sono settori che stanno peggio di altri e alcuni di questi sono di grande importanza per le sorti del Paese.

Nel clima di incertezza gli italiani hanno privilegiato risparmi e liquidità ai consumi e in questi ultimi hanno spostato la spesa dai beni ai servizi, penalizzando in particolare i “durevoli”. Dal 2007 al 2103 le vendite di auto sono diminuite del 48% (nell’edilizia il calo è stato del 45%), un crollo spaventoso che ha ridisegnato un settore che resta il principale contribuente per il fisco. Ora Massimo Nordio, il presidente dell’Unrae (l’Associazione dei costruttori esteri), lancia una proposta che, «senza incidere sulle casse dello Stato», potrebbe dare un impulso al mercato con notevoli conseguenze positive.

Presidente dopo un periodo difficile le vendite quest’anno sono in ripresa, è proprio necessario l’intervento del governo?
«Qualche piccolo segnale c’è e di questo siamo tutti contenti. Ma certo non basta. Il problema restano le famiglie che hanno la necessità di sostituire le loro vetture, ma a quanto pare non possono o non vogliono farlo. Serve un qualcosa che rimetta in moto il ricambio delle vetture, serve qualcosa che li invogli a farlo».

Ma perché le famiglie sono messe così male?
«Dal 2007 al 2013 il totale mercato ha perso il 48%, gli acquisti degli utenti privati sono scesi di circa il 55%. La perdita è quasi tutta qui. Un milione di vetture l’anno andate in fumo, da oltre 1,8 milioni a poco più di 800 mila. Anche quest’anno la ripresa è in gran parte dovuta alla spinta delle auto aziendali, a fine novembre i privati hanno acquistato solo 18 mila vetture in più rispetto al 2013, 15 mila delle quali negli ultimi due mesi».

Quindi il fenomeno è preoccupante?
«Preoccuparsi non serve a nulla, quello che conta è che genera numerosi aspetti negativi sulla vita delle persone e sul Paese».

Quali sono i principali?
«La mobilità è un diritto, è indispensabile per vivere e lavorare, è tutelata anche da alcuni articoli della Costituzione. E a quanto pare gli italiani preferiscono o sono costretti ad utilizzare l’auto quotidianamente. Che sia così è evidente da alcuni dati: da quando è iniziata la crisi le vendite si sono dimezzate, ma il parco circolante è addirittura cresciuto, la gente non rinuncia all’auto è solo costretta a non cambiarla, quindi ad utilizzare veicoli più vecchi».

Ci sono altre elementi a sostegno di questa tesi?
«Il rapporto del Censis sottolinea che in un decennio gli italiani che utilizzano quotidianamente l’auto sono cresciuti di due punti in percentuale, superando il 60%, mentre è sceso l’utilizzo degli autobus e quello delle due ruote».

Il crollo del mercato che conseguenze ha portato nella vita di tutti i giorni?
«Con molte meno vendite e un parco circolante in crescita si è chiaramente alzata la vita media dei veicoli che è passata dai 7,5 anni del 2006 ai 9,5 attuali».

Gli italiani non hanno rinunciato all’auto, ma la utilizzano meno e pensano che anche se è un po’ più vecchia può andare bene lo stesso.
«Non è così, l’impatto sull’ambiente e la sicurezza è molto forte. Abbiamo ormai 10 milioni di auto di oltre 10 anni, se venissero sostituite le emissioni di CO2 scenderebbero da 22,5 milioni di tonnellate a 12,2. Abbattere le emissioni di CO2 è anche una delle principali richieste dell’Europa. Poi la sicurezza: se avessimo continuato a sostituire le vetture al ritmo del passato avremmo avuto una riduzione della mortalità di quasi l’8%: il tasso di mortalità di un’auto di oltre 11 anni è triplo rispetto a quelle che ne hanno meno di 2».

Cosa proponete quindi?
«Forse è la prima volta che avviene. Mai un’associazione di produttori si era rivolta ai consumatori se non per la pubblicità. Questa volta chiediamo alle famiglie italiane di aiutarci ad aiutarle a far rispettare il diritto alla mobilità con vantaggi per sicurezza e ambiente e senza pesare sulle casse dello Stato che anzi ci guadagnerebbe da tutti i punti di vista con la ripresa di un settore strategico».

Cosa bisognerebbe fare?
«Quello già fatto in altri settori e soprattutto che ha portato notevoli benefici all’edilizia con le ristrutturazioni: rendere detraibili una parte delle spese di acquisto, una formula a cui gli italiani sono già abituati».

Di tutte le vetture?
«No, solo di quelle con emissioni fino a 120 g/km di CO2 con la contestuale rottamazione di una Euro 0, 1 o 2. La detraibilità dovrebbe essere del 10% del costo di acquisto per un massimo di 2 mila euro in 4 anni».

Cosa accadrebbe?
«Circa 300 mila famiglie italiane in più potrebbero cambiare l’auto. A fronte di un impegno iniziale di 64 milioni lo Stato avrebbe un maggior gettito d’Iva che in 4 anni genererebbe un flusso positivo di 22 milioni. Altri 77 milioni la collettività li risparmierebbe con la riduzione di vittime e feriti causati dagli incidenti. Si abbasserebbero inoltre le emissioni di CO2 di 400 mila tonnellate. Ora una domanda la faccio io: perché non attuare un piano del genere?»


  • condividi l'articolo
Giovedì 18 Dicembre 2014 - Ultimo aggiornamento: 19-12-2014 17:23 | © RIPRODUZIONE RISERVATA