Una fabbrica della Volkswagen

Volkswagen, richiamo auto costerà 16,5
miliardi: tutti gli effetti sui conti italiani

di Oscar Giannino
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È ancora difficile prevedere i possibili effetti economici sulla crescita italiana della maxi truffa Volskwagen, ha giustamente affermato ieri Bankitalia. Bisognerà aspettare per capire e valutare tre possibili effetti a catena. L'impatto diretto sulla catena di fornitori italiani della casa di Wolfsburg, nonché quello sui suoi concessionari nel nostro Paese.L'effetto “macchia d'olio” che la vicenda potrebbe avere anche su altri produttori, innanzitutto le altre case tedesche. E infine i possibili effetti di riaggiustamento sul mercato, se le perdite di VW e di altri si estenderanno ad altri sul mercato, oppure se la perdita tedesca verrà riequilibrata a vantaggio di altre case, e in quel caso ovviamente da chi.

Partiamo da un dato: praticamente la metà della ripresa italiana in corso nel 2015 si deve all'auto, al ritorno a una maggior produzione degli stabilimenti Fiat. A fine luglio, la produzione era superiore del 44% rispetto all'anno prima. È un fenomeno, quello Fiat, che non dovrebbe esser toccato dalla crisi VW, e contribuisce alla ripresa non solo per la produzione ma per i maggiori investimenti, gli effetti sull'intera catena dell'automotive italiano, nonché sull'export, visto che il più di quel che si produce negli stabilimenti italiani è oggi per l'estero. In tutte queste 4 componenti, la crescita in corso è a doppia cifra, come in nessun altro settore della manifattura italiana.

Veniamo ai fornitori di VW in Italia. Si tratta di un migliaio di aziende italiane, con un fatturato dovuto a VW intorno al miliardo e mezzo di euro annuo. È la parte “alta” come valore aggiunto delle circa 1500 imprese italiane - per l'Istat- e 2500 per l'Anfia, (l'associazione di categoria del settore) che operano nella componentistica e accessoristica per auto, per due terzi concentrate in Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna. Dei 19 miliardi esportati in valore nel 2014 da queste aziende, che complessivamente fatturano circa 40 miliardi di euro, 4 miliardi e mezzo sono rappresentati da forniture a VW, Mercedes e Bmw: oltre il 25%.

Come si vede, in caso di crisi verticale di VW e delle case tedesche il danno in Italia può essere rilevante. Si estenderebbe alle centinaia di concessionarie italiane e alla loro forza vendita, già provatissime in questi anni di crisi dell'auto. In caso di botta finanziaria inestimabile per multe e class action in mezzo mondo, VW potrebbe anche col tempo essere costretta a dismettere alcune delle sue presenze dirette in Italia: Lamborghini, Ducati, e la ItalDesign ex Giugiaro, con oltre 5 mila dipendenti complessivi. Ancora peggio potrebbero andare le cose, se il mercato reagisse male, estendendo la frenata a tutte le auto diesel, stante che siamo al 58% degli acquisti d'auto in Italia.

In quel caso, l'effetto sarebbe di una frenata della propensione media all'acquisto di auto degli italiani, che nei primi sei mesi dell'anno era raddoppiata, passando da meno del 5% a oltre il 9%. In tal caso, l'effetto sull'Italia non sarebbe solo concentrato sulle filiere di forniture e concessionari, ma avrebbe un impatto diretto e significativo sull'intera componente della domanda interna.

Ma c'è per fortuna anche una serie di effetti contrari e positivi che si può - è il caso di dirlo - mettere in moto. Per i fornitori, la parte di alto valore aggiunto della catena, esattamente quella che lavora per le case tedesche, lavora cross border anche per altre case mondiali a cominciare da quelle francesi oltre che, naturalmente, per Fca. A meno di una crisi generale dell'auto - per contenerla, sarà decisiva l'azione dei regolatori, volta a preservare i proprietari delle attuali euro5 ed euro6 per non diffondere il panico - potrebbe e dovrebbe scattare un “effetto sostituzione” a vantaggio di forniture dirette alle case automobilistiche capaci di soppiantare le minori quote di vendita tedesche.

E tra i produttori in posizione di maggior vantaggio, dovrebbe esserci proprio Fca. Stiamo già passando da poco più di 400mila auto prodotte in Italia nel 2014 ad almeno 650mila nell'anno in corso. L'obiettivo di tornare a quota un milione nel 2016 non sembra ad oggi interessato a possibili riduzioni. E attenzione, dalla crisi di credibilità tedesca nel 2016, dopo l'Ipo Ferrari, un'eventuale Opa di Fca su General Motors diventa oggi più e non meno credibile. Prudenza, dunque, come giustamente rileva Bankitalia. Ma non fasciamoci la testa prima di poter capire cosa avverrà.

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Mercoledì 30 Settembre 2015 - Ultimo aggiornamento: 01-10-2015 06:28 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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