I due famosi brand del Manchester United e della Chevrolet

Grandi amori, l'auto è nel pallone:
il Manchester United sale in Chevrolet

di Sergio Troise
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NAPOLI - Il Manchester United è la squadra di calcio più popolare del mondo: secondo stime recenti, può vantare 650 milioni di tifosi sparsi in ogni angolo del pianeta. Cina compresa. E che cosa è la Cina se non “la nuova frontiera” del mercato automobilistico? E’ nato su questa semplice considerazione l’accordo di sponsorizzazione tra il marchio Chevrolet (di proprietà General Motors) e il Manchester United.

Un accordo della durata di 5 anni,
che dovrebbe sostenere la crescita del marchio automobilistico fondato nel 1911 in America (e rilanciato nel 2005 in Europa), migliorando il suo posizionamento anche in Oriente. Proprio in questa ottica, nel piano di sponsorizzazione è stata contemplata anche l’istituzione della Chevrolet China Cup, inserita nel programma del tour estivo della squadra inglese. «Chevrolet continua a crescere come marchio globale, ed è la prima volta che ci impegniamo con la nostra presenza nel calcio a livello internazionale,» ha dichiarato Joel Ewanick, responsabile marketing di General Motors nel mondo. «La nostra ambizione è legarci al calcio andando oltre la tradizionale sponsorizzazione. Noi vogliamo che emerga il profondo apprezzamento che abbiamo per questo gioco, celebrando il meglio che il calcio può donare e offrendo ai tifosi nuove possibilità di vivere le partite».

Cifre ufficiali non sono state comunicate.
Ma secondo indiscrezioni, l’accordo prevederebbe un finanziamento di 50 milioni di euro. David Gill, dirigente del Manchester United, ha dichiarato: «Il nostro tour estivo è importante per la squadra perché ci consente di preparare la stagione successiva e di incontrare i nostri tifosi e i nostri partner nei vari mercati. In Cina siamo stati travolti dalla passione e dall’emozione degli spettatori. Spero che la nostra esperienza cinese sia il fantastico inizio del rapporto con Chevrolet, che riteniamo si rivelerà lungo e duraturo».
«La possibilità di vedere il Manchester United giocare dal vivo è un’emozione per i propri tifosi e per i tifosi di calcio di tutto il mondo,» ha dichiarato Kevin Wale, presidente e amministratore delegato di General Motors China Group. «La Chevrolet China Cup dà al mondo la possibilità di vedere il livello raggiunto dal calcio in Cina, dentro e fuori dal campo, e di capire che cosa promette per il futuro. Si tratta di un obiettivo importante per Chevrolet e GM, e siamo estremamente orgogliosi del nostro impegno verso la Cina, dimostrato dall’offerta di un numero crescente di veicoli per soddisfare le necessità dei clienti».

Il mercato dell’auto cinese,
come è noto, è diventato il primo del mondo, avendo superato anche quello americano, con 18,5 milioni di veicoli immatricolati nel 2011. Con 28 auto ogni mille abitanti, il potenziale di crescita è tuttavia ancora enorme, e perciò le case automobilistiche vi attribuiscono importanza strategica. Molti investimenti vengono dunque concentrati non solo sulla produzione in loco e sulla distribuzione, ma anche sulla notorietà del marchio e sul suo gradimento in ampi strati della popolazione. In questa ottica GM ha affidato a Chevrolet anche una mission supplementare, fondata sulla partnership con One World Futbol Project, una organizzazione che cerca di portare il gioco del calcio tra i ragazzi delle regioni più povere, grazie ad un pallone rivoluzionario e praticamente indistruttibile. Nei prossimi tre anni, l’impegno di Chevrolet prevede la donazione di un milione e mezzo di palloni One World Futbol a organizzazioni che lavorano con i giovani che vivono nelle zone di guerra, nei campi profughi, nelle regioni disastrate e in altre comunità svantaggiate. Chevrolet è il primo sponsor aziendale di One World Futbol Project, che finora ha portato beneficio a oltre 525.000 persone in 137 Paesi. In collaborazione con 94 Onlus, in questo modo sostengono il calcio come strumento per il cambiamento sociale in 61 Paesi.

Sulla Premier League e sugli impegni internazionali
del Manchester, in casa Chevrolet non si sbilanciano, ma è chiaro che l’ambizione principale per la stagione 2012/2013 è strappare il titolo ai “cugini” del Manchester City guidati da Roberto Mancini. Un obiettivo che sta particolarmente a cuore ad Alex Ferguson, l’allenatore più titolato della Premier, e soprattutto ai tifosi dello United. “Per loro – dicono i vertici di Chevrolet – stiamo studiando nuove iniziative per favorire la vicinanza al club. L’intenzione è mettere i tifosi al centro di questa partnership e fornire loro la possibilità di vivere in maniera straordinaria il gioco che amano.”
L’accordo tra Chevrolet e Manchester United si profila come qualcosa di speciale. Ma non è certo il primo tra una casa automobilistica e un club calcistico. Il calcio, anzi, è diventato da molti anni un “passaggio obbligato” per molte case automobilistiche, che lo ritengono utile per migliorare la notorietà dei marchi.

Storico, in questo campo,
è l’accordo tra Uefa e Ford per la sponsorizzazione di quella che una volta si chiamava Coppa dei Campioni, e che dal 1993 abbiamo imparato a conoscere come Uefa Champions League. L’edizione 2012 ha segnato il traguardo dei vent’anni di collaborazione: anni di presenza massiccia, negli stadi e sugli schermi tv, che hanno consentito ad un marchio globale d’origine americana di farsi conoscere sempre meglio anche oltreoceano, come consolidata realtà europea (la Ford Europe ha sede in Germania), con produzioni a Colonia, Sarlouis, Valencia (Spagna), Tichy (Polonia), Genk (Belgio), Vsevolozhsk (Russia) e reti di vendita distribuite in ogni angolo del continente. L’accordo tra Uefa e Ford sarà in vigore fino al 2015: segno di un interesse tuttora forte a presidiare un settore popolare come quello del calcio europeo. L’importanza attribuita alla visibilità del calcio, del resto, s’è misurata con mano in occasione della finale di Champions disputata all’Allianz Stadium di Monaco di Baviera e seguita in tv da milioni di spettatori in tutto il mondo. «Quel giorno - ha spiegato Roulant de Waard, vice presidente Marketing, Sales e Service di Ford Europa – abbiamo mostrato al mondo la coppa a bordo della nuova Ford B-Max, che con il suo ingegnoso sistema di porte scorrevoli si è rivelata l’auto perfetta per esibire l’ambitissimo trofeo».

Farsi conoscere nel mondo,
aumentare la notorietà a livello globale. Con questi obiettivi il gruppo coreano Hyundai-Kia ha deciso di sponsorizzare la Fifa, presidiando i più importanti eventi calcistici del pianeta, ovvero i campionati Mondiali ed Europei. Un’esperienza cominciata nel 1999 e che proseguirà sicuramente fino a Brasile 2014. I coreani, del resto, hanno sempre creduto nel valore dello sport ad alti livelli per “promuoversi” nel mondo: nel 1988, l’anno delle Olimpiadi di Seul, dichiararono al mondo per quale motivo la capitale del loro piccolo stato s’era candidata per un impegno così gravoso: “Dobbiamo dimostrare al mondo che in Oriente non c’è solo il Giappone”. Per l’industria automobilistica (ma anche per l’elettronica), in effetti quei Giochi si rivelarono un autentico trampolino di lancio. Oggi il gruppo Hyundai è una realtà consolidata, che si fa rispettare in Europa e nel mondo. Ma deve ancora colmare un piccolo gap di notorietà, e perciò insiste con le sponsorizzazioni nel grande calcio internazionale.

E in Italia?
Anche nel nostro Paese la presenza di marchi automobilistici sulle maglie dei calciatori è una costante da molti anni. Tra i primi a cimentarsi nel settore è stata la Opel, tuttora in prima linea in Germania, come sponsor del Borussia Dortmund, la squadra che ha vinto l’ultima Bundesliga, e dunque destinata a “farsi vedere” sul palcoscenico europeo della Chiampions. Marchio di proprietà della General Motors (come Chevrolet), Opel è stata sponsor della Fiorentina negli anni 80. Ritiratasi per qualche tempo, tornò negli anni 90, con grande spiegamento di forze, al fianco del Milan. Il sodalizio con il club di Berlusconi, durato ben 12 anni, faceva parte di un disegno strategico più ampio, in cui erano coinvolte altre squadre di prestigio come il Bayern di Monaco, il Paris Saint Germain e la nazionale irlandese. Terminato nel 2007, l’accordo Opel-Milan regalò molte soddisfazioni ad entrambi i partner, anche se nella gestione dei rapporti non mancò qualche problema, come racconta Luca Apolloni, all’epoca responsabile della comunicazione Opel in Italia. «Di buono – dice Apolloni – c’era che il nostro gruppo automobilistico non aveva a che fare con un piccolo club ma con un’azienda vera, con ruoli e obiettivi individuabili, in grado di programmare con noi azioni congiunte, dal co-marketing alla logistica. Ciò detto, ci vedemmo costretti ad irrigidirci quando abbiamo visto violati alcuni nostri diritti di sponsor. Io stesso scrissi una lettera formale di protesta a Galliani per contestargli l’abitudine dei calciatori di togliersi la maglia dopo un gol. Quello era per noi il momento di massima visibilità del marchio, e i giocatori di fatto lo cancellavano. Galliani si rese conto del problema e ne parlò in Lega. Se oggi i calciatori vengono ammoniti dall’arbitro quando si levano la maglia, credo che dipenda proprio da questa nostra presa di posizione». La Opel, in verità, protestò anche per la consuetudine di coprire le maglie, prima dell’inizio delle partite, con le sigle di associazioni benefiche, per sostenere iniziative di vario tipo, dalla lotta alla droga all’impegno contro il cancro. «Tutto giusto – racconta ancora Apolloni – ma allora i benefattori eravamo noi, non i club. Per questo si diffuse l’abitudine di portare in campo i bambini, accompagnati per mano dai calciatori: sulle maglie degli atleti il messaggio umanitario, su quelle dei bimbi i colori ufficiali della squadra e dello sponsor».

L’altra squadra di Milano,
l’Inter, ha invece puntato sui “gommisti” della Pirelli, auspice Marco Tronchetti Provera, presidente della multinazionale della gomma e consigliere d’amministrazione del club presieduto dall’amico Massimo Moratti. La Fiorentina si è sempre legata a marchi giapponesi, come Mazda e Toyota (che hanno affiancato anche Roma e Perugia), mentre l’Udinese ha da tempo consolidato il legame con Dacia, specialista del low cost: un abbinamento coerente con la politica del club friulano, da sempre capace di raggiungere soddisfacenti livelli di qualità e rendimento senza per questo spendere cifre da capogiro. Semmai il contrario.

Il brand automobilistico più presente
nel calcio, a ben pensarci, è Fiat, in quanto legato da sempre, tramite la famiglia Agnelli, alla proprietà della Juventus. Ciò detto, non sempre la squadra bianconera ha esibito marchi del gruppo torinese: soltanto negli ultimi tempi la maglia è stata utilizzata come veicolo di promozione per l’auto. Oggi sulle casacche scudettate compare in bella mostra la scritta Jeep, brand del socio americano Chrysler, su cui Fiat punta molto per guadagnare posizioni nel settore dei Suv, tradizionalmente trascurato. L’impegno economico è “affare di famiglia”. Ma a dire il vero lo sforzo maggiore l’amministratore delegato Marchionne l’ha fatto sul versante opposto dell’oceano, sponsorizzando la finale del Super Bowl (il campionato di football americano): 15 milioni di dollari per far conoscere agli americani i salvatori della patria italiani. Ma questa è un’altra storia.

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Martedì 31 Luglio 2012 - Ultimo aggiornamento: 02-08-2012 21:31 | © RIPRODUZIONE RISERVATA