L'importanza della digitalizzazione per le aziende, Martina si forma e torna a Vicenza: «Ecco cosa fa una Product manager»

Venerdì 19 Aprile 2024 di Enrico Scoccimarro
L'importanza della digitalizzazione per le aziende, Martina si forma e torna a Vicenza: «Ecco cosa fa una Product manager»

VICENZA - Le epoche passano e cambiano anche i mestieri fondamentali per la società. Oggi esistono occupazioni cruciali che si sviluppano per ottimizzare le attività nel settore che si sta fondendo sempre più con il mondo tangibile: il digitale. E così, per aiutare le aziende a migliorarsi e trovare i prodotti digitali necessari per restare al passo con le richieste dei mercati, è nata una figura professionale: il product manager.

E tra queste figure, naturalmente, la fanno da padrone le nuove generazioni: una rappresentante è la 31enne vicentina Martina Mantoan. Martina ha intrapreso questo percorso nel mondo digitale dopo averne scoperto la potenzialità durante la laurea magistrale in Economia Internazionale all'università di Padova: «Lavorando ad un progetto in collaborazione con un'azienda - racconta Martina - ho capito che la tecnologia diventava un potente mezzo nelle mani delle aziende, grandi ma soprattutto anche strumento per le PMI con poche risorse (se non zero) da investire.

Ho subito pensato alle piccole imprenditrici della mia famiglia (sia mamma sia zia hanno delle attività locali) e a come avrei potuto supportarle per semplificare le loro attività e magari aiutarle ad aumentare i ricavi». Già la tesi di laurea, infatti, andava in una precisa direzione: «Un'analisi delle tecnologie presenti sul mercato che potevano supportare le aziende nella gestione delle community che si creano online intorno ad un'interesse e passione comune».

Ma la figura della product manager, la stessa Martina la scopre in divenire: «Dopo la laurea ho sempre lavorato nel mondo tech, prima in un paio di startup, tra Parigi e Milano, e poi sono rientrata a vivere a Vicenza (dove sono nata e cresciuta) a lavorare per software house. Inizialmente non avevo un ruolo ben preciso: ero l'unica (donna) a non essere né designer né sviluppatrice. Pian piano, sperimentando ruoli diversi e lavorando a tanti progetti sia con aziende corporate sia con PMI e startup, ho capito che  essere l'intermediario tra team di sviluppo, team di design ed esigenze strategiche di business, tenendo conto del mercato e degli utilizzatori finali, era quello che mi piaceva fare. Ho scoperto che questo ruolo aveva un nome: product manager». 

«Così - prosegue la vicentina - ho partecipato alla prima edizione del primo master in Italia sul Product Management dedicato interamente ai prodotti digitali: Product Heroes, azienda che si occupa proprio di formare questi professionisti. Dopo quasi 3 anni, continuo ad occuparmi con passione di prodotti digitali, avendo l'ambizione di portare la cultura di prodotto nelle aziende italiane».

È necessario comunque inquadrare il significato ruolo, cosa non semplice da fare a differenza di altri mestieri: «Provo a utilizzare la stessa formula che utilizzo sempre con parenti, amici e conoscenti - premette Mantoan - "Il/la product manager (di prodotto digitali) è colui o colei che lavora con sviluppatori, designer, analyst e tantissime altre aree aziendali, con l'obiettivo di realizzare un prodotto digitale che sia effettivamente utile a quelle persone da cui sarà utilizzato. Ne segue la sua ideazione, la sua progettazione, si preoccupa che venga effettivamente realizzato e che poi venga correttamente proposto sul mercato, venduto e, soprattutto, utilizzato. Quando parlo di prodotti digitali intendo app mobile, applicativi web, tool di gestione". A questo punto il mio interlocutore potrebbe avere ancora uno sguardo confuso e allora, a quel punto, faccio degli esempio pratici di prodotti digitali che la persona potrebbe conoscere "Ad esempio, hai presente Spotify? Ecco, quello è un prodotto digitale. Ma così anche il sofware che probabilmente usi a lavoro per gestire le fatture dei fornitori, la tua app della banca, etc." Non so se funziona veramente, ma i miei amici mi guardano con aria meno perplessa dopo questa breve spiegazione» conclude.

E in un lavoro di questo tipo, quali possono essere gli ostacoli principali, tra gestione dei prodotti, il coordinamento, la progettazione e la vendita?
«Al momento - spiega la product manager - per la mia esperienza in agenzia e in software house (e quindi come fornitori di prodotti digitali), una delle difficoltà maggiori che ho riscontrato è stata l'evangelizzazione della cultura di prodotto nelle aziende italiane. Troppo spesso ho lavorato con realtà, sia grandi sia di dimensione più piccola, con un approccio molto tradizionale alla realizzazione dei prodotti digitali. La cultura di prodotto mette al centro l'utilizzatore finale e, per risolvere i problemi di un target preciso di utenti, si basa sull'analisi dei dati, di mercato e di comportamento degli utenti. Troppo spesso ho invece visto manager e imprenditori non volere mettere in discussione le loro convinzioni, spesso sprecando grandi budget».

«Un'altra difficoltà che ho riscontrato - prosegue la product manager - è di comunicazione all'interno dei team. L'allineamento costante tra tutti gli stakeholder è uno sforzo troppo spesso sottovalutato ma che necessita di grandi abilità di negoziazione e mediazione. I fraintendimenti di cosa ci si aspetta l'uno dall'altro all'interno del team di prodotto, sono sempre molti...ci vuole un grande esercizio di pazienza e perseveranza per fare in modo che il team di prodotto danzi la stessa melodia e perchè il suo lavoro sia compreso e percepito dalle altre aree aziendali. E così, quella che è sempre stata considerata una soft skill diventa, per il product manager, una hard skill indispensabile». 

Altro nodo di questo campo sono le startup. Cosa si intende per startup digitali?
«Credo il termine "startup" in Italia sia un po' inflazionato: si tende a utilizzarlo in maniera confusa e oramai ha quasi preso una denotazione semplicistica e un po' negativa. Se guardassimo la legislazione, il termine startup (che di natura dovrebbe essere innovativa) definisce un'azienda che ha come obiettivo lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. Una stratup è un'impresa che è nella fase iniziale della sua vita, in cui potrebbe ancora star cercando il modello di business ideale per crescere molto velocemente. Io tendo sempre a precisare che le aziende per cui lavoravo erano startup digitali, ovvero aziende nella fase iniziale di vita, ancora alla ricerca della ricetta perfetta per crescere, ma il cui core business era un prodotto digitale».

La nuova era è inoltre segnata principalmente dai social network: sempre più importanti anche per il mondo del lavoro, per chi si vuole presentare e proporre al meglio, magari riuscendo anche a far "ingolosire" le aziende. Per questo proposito in particolare, la piattaforma professionale principale è Linkedin. Strumento fondamentale per i giovani che si affacciano sul mondo del lavoro. Martina è attiva anche su questa piattaforma: «Ho sempre amato condividere parte delle mie esperienze professionali, e credo questo possa avere diversi risvolti positivi per la professionalità di una persona. Nel mio caso è sempre stato un modo per trasmettere entusiasmo per il mio lavoro e cercare di affascinare il mio audience, comunicare con dati obiettivi i miei successi. In fin dei conti, non possiamo dare per scontato che i nostri colleghi, i nostri manager e altri contatti, conoscano tutto quello che facciamo: glielo dobbiamo far sapere! Inoltre è utile per ampliare il mio network, conoscendo persone di valore e con cui creare valore. E, per i più giovani, credo proprio sia questo il maggior valore aggiunto di uno strumento come Linkedin: la possibilità di creare connessioni e prendere contatti con persone da cui lasciarsi ispirare». 

Infine, dove pensi possa arrivare la funzione del tuo ruolo in futuro? Quanto sarà importante per la società?
«Devo dire che, in Italia, la mia professione è decisamente ancora poco conosciuta! Nel 2015, quando lavoravo in Francia, il product manager era già un ruolo quasi obbligatorio da avere in una startup. In Italia se ne sta iniziando a parlare in questi ultimi 2 anni. La sfida più grande, secondo me, non è inserire un product manager in azienda, bensì portare la cultura di prodotto nelle aziende. 

Nel nostro paese, il 97% delle imprese sono PMI e la stragrande maggioranza è composta da micro imprese. In questo contesto è chiaramente difficile fare formazione ed investire in innovazione, soprattutto se l'innovazione non è tangibile ma di processo e culturale. Portare la cultura di prodotto nelle aziende italiane sarà una sfida non semplice, ma necessaria se vogliamo continuare ad essere competitivi, soprattutto con l'estero».

La giovane manager conclude con un buon auspicio: «Spero che in futuro, il product manager aiuterà imprenditori e manager a prendere decisioni strategiche per l'azienda stessa e la sua crescita, in ottica sostenibile ed inclusiva».

Se hai una storia professionale da raccontare, proponiti inviando una mail a: enrico.scoccimarro@gazzettino.it

Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 17:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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