La Range Rover Velar Phev

Land Rover alla spina, un’invasione di plug-in. Dopo le grandi Range, Evoque e la Discovery Sport, arrivano le Velar e Defender ricaricabili

di Nicola Desiderio
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ROMA - E chi poteva immaginarselo che le eredi di un fuoristrada nato dopo la Seconda Guerra Mondiale sarebbe stata una stirpe di Suv di lusso da rifornire alla spina? Il futuro di Land Rover, come per tutti, è nell’elettrificazione, con la differenza che, quando costruisci vetture dotate di stazza e prestazioni ragguardevoli, bisogna affrettare il passo per raggiungere gli obiettivi di CO2 fissati dall’Unione Europea e dimostrare di essere all’altezza del proprio nome con le tecnologie migliori. L’ultima “vittima” di questo rinnovamento è la Range Rover Velar che, in occasione del rituale restyling di metà vita, si aggiorna per la tecnologia di bordo, gli allestimenti e soprattutto per i propulsori, tutti elettrificati. Dunque nuovi sono il sistema infotelematico Pivi, il climatizzatore capace di intrappolare anche il PM2.5 e il posto guida dove la leva del cambio riprende il posto della manopola. La novità principale è nei sistemi di propulsione, a cominciare da quello con batteria ricaricabile composto da un 4 cilindri 2 litri da 300 cv e da un motore elettrico da 105 kW inserito nel cambio automatico a 8 rapporti per un totale di ben 404 cv e una coppia di 640 Nm. 

Un’accoppiata in grado di imprimere prestazioni di rilievo (0-100 km/h in 5,4 s.), senza precludere le capacità fuoristradistiche di una vera Range, ma anche di abbattere i consumi fino ad un valore dichiarato WLTP di 2,2 litri/100 km pari a 49 g/km, sempre che la batteria da 17,1 kWh sia completamente carica. In questo caso, si possono percorrere 53 km e raggiungere 140 km/h ad emissioni zero. Per facilitare le cose, oltre al caricatore a corrente alternata da 7 kW, la Velar ne ha anche uno rapido da 32 kW a corrente continua che permette il pieno di elettroni da 0 all’80% in 30’. Anche gli altri motori sono elettrificati, ma con tecnologia mild-hybrid a 48 Volt, a cominciare dal diesel 2 litri da 204 cv per finire ai nuovi 6 cilindri in linea 3 litri, più leggeri ed efficienti dei precedenti V6. Quello a benzina ha la distribuzione elettroidraulica completamente variabile e anche il compressore elettrico per una potenza di 340 cv o 400 cv, mentre il diesel da 300 cv e 650 Nm ha l’alimentazione a 2.500 bar, la doppia sovralimentazione sequenziale e uno scarico provvisto di due sistemi SCR per dimezzare le emissioni di ossidi d’azoto.

In questo modo, la casa britannica ha tenuto fede alla sua promessa di elettrificare completamente la propria gamma lasciando solo la Discovery senza la spina (per ora), ma rendendo ricaricabile anche un mito come la Defender, dotata dello stesso sistema ibrido plug-in della Velar che ha debuttato tempo addietro sulle Range Rover Sport e Classic e che motorizza anche le versioni più ricche e a passo lungo dell’ammiraglia da oltre 200mila euro. Per chi invece non può staccare assegni a 5 zeri, ci sono la Evoque e le Discovery Sport che, con un 3 cilindri 1.5 e un elettrico per le ruote posteriori, riescono a offrire le versioni più potenti (309 cv) delle rispettive gamme e, allo stesso tempo, le più virtuose con emissioni di CO2 comprese tra i 32 e i 38 g/km e autonomie zero emission fino a 68 km. E l’elettrico? È solo questione di tempo, visto che la tecnologia è pronta in casa ed è quella della Jaguar I-Pace e calca i circuiti della FE dal 2015.


Ma le emissioni zero a batteria non rappresentano l’ultimo orizzonte tecnologico di Land Rover perché nelle segrete stanze è già partito il progetto Zeus. L’obiettivo è costruire un Suv ad idrogeno per il 2030, anno in cui in GB non si potranno più vendere auto a combustione interna e dove la tecnologia delle fuel cell è parte integrante del piano in 10 punti da 12 miliardi di sterline che il governo di Boris Johnson vuole spendere per avviare la “green revolution” nel Regno Unito.

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Giovedì 26 Novembre 2020 - Ultimo aggiornamento: 27-11-2020 18:04 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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