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ROMA - L’auto più potente al mondo sarà elettrica. Ed è una Lotus. Si chiama Evija, ha 2.000 cv ed è il manifesto di un nuovo corso che è stato avviato nel 2017 allorché la gloriosa factory di Hethel è entrata nella sfera di controllo di Geely dopo l’ultima delle vicende che hanno attraversato la sua storia. A raccontarla sono soprattutto i 13 titoli iridati (7 Piloti e 6 Costruttori) in Formula 1, frutto del genio (e dalla proverbiale furbizia) di Colin Chapman, l’uomo che in frasi come “Semplifica e aggiungi leggerezza” ha condensato la cifra del motorismo britannico, basato più sulle doti telaistiche (peso e aerodinamica) che su quelle motoristiche.
A Chapman e alla Lotus si devono innovazioni nodali come la posizione reclinata del pilota, il telaio monoscocca e il famoso “effetto suolo” o auto stradali come la Lotus Seven, la Elan e la Elise sul cui telaio rivettato in alluminio da 25 anni si poggia tutta la gamma di Lotus e anche un altro capitolo della storia dell’auto: la prima Tesla Roadster.
Una Lotus elettrica dunque, in un certo senso, è già esistita. Ma c’è anche un’altra curiosità che lega la nuova nata al passato ed è il nome Omega. Così infatti era denominato internamente il progetto che ha portato alla definizione della Evija e così si chiamava la paciosa ammiraglia di Opel che, una volta passata nel 1989 tra le mani della Lotus (allora entrambe di proprietà di General Motors), diede vita alla Omega Lotus, una berlina 4 porte con motore 6 cilindri 3.6 biturbo da 377 cv dotata di prestazioni tali (277 km/h, 0-100 km/h in 4,9 s.) da far leggere la targa alle Porsche 911 e BMW M5 di allora.
La Evija è qualcosa di completamente diverso e, se l’accento sulla potenza farà storcere il naso ai puristi della filosofia Lotus, ha i numeri per riportare entusiasmo intorno ad un mito dell’automobilismo. Se Omega nell’alfabeto greco indica l’ultima lettera, Evija richiama Eva, la prima donna della storia secondo la Bibbia, e significa “prima tra i viventi”.
Di sicuro è la prima Lotus stradale con telaio in fibra di carbonio, realizzato dalla CPC di Modena, e italiani sono anche i freni carboceramici della AP Racing, azienda del gruppo Brembo. Quattro i motori elettrici, uno per ruota, che erogano 367 kW (500 cv) e 425 Nm ciascuno per un totale di 2.000 cv e 1.700 Nm. La batteria da 70 kWh è piazzata a vista alle spalle del pilota, per mostrarsi come il vero cuore di un’auto sportiva a motore centrale e anche per essere sostituita rapidamente con un’altra specifica per l’utilizzo in pista. L’autonomia è di 400 km (WLTP) e, quando ci saranno colonnine da 800 kW, potrà il fare il pieno in 9 minuti. Con i sistemi attuali più potenti da 350 kW ci vogliono 18 minuti, ma una dozzina ne bastano per mettere a bordo l’80%.
La Evija ha le portiere che si aprono ad elitra, è la prima auto al mondo dotata di fari laser anche per gli anabbaglianti e ha un’aerodinamica ispirata ai prototipi delle corse di durata. Con una massa di 1.680 kg, il rapporto peso/potenza è di 840 g/cv, non troppo distante dai 750 g/cv di una monoposto di Formula 1 con il pieno di benzina. Le prestazioni sono la conseguenza logica: oltre 200 miglia orarie (324 km/h) di velocità massima, da 0 a 100 km/h in meno di 3 secondi e da 0 a 300 km/h in meno di 9. Fanno ancora più impressione il 100-200 km/h in 3 secondi e il 200-300 km/h in 4 secondi. La Evija sarà prodotta, come da tradizione, a Hethel in 130 esemplari, in virtù del suo prezzo di 2 milioni di sterline e in ossequio al fatto di essere la Type 130 nella numerazione progressiva che accomuna tutte le Lotus della storia. E che storia.