Una Fiat 500 storica

ASI, ricorso al presidente della Repubblica contro i blocchi alla circolazione dei veicoli storici

di Sergio Troise
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TORINO - Quando si parla di auto storiche spesso il pensiero corre alle immagini di auto di gran lusso come Bugatti, Bentley, Rolls, Ferrari… protagoniste abituali dei concorsi d’eleganza più prestigiosi e non di rado battute a prezzi da capogiro nelle aste riservate a magnati e sceicchi che si svolgono in località esclusive come Villa d’Este o Pebble Beach. Ma il mondo delle auto storiche non è solo questo. Aste e glamour rappresentano una minoranza infinitesimale rispetto al popolo degli appassionati collezionisti capaci persino di trascurare le comodità di un’auto moderna pur di non privarsi della propria storica, magari una piccola 500 o una Bianchina come quella che guidava Fantozzi. Questione di passione. Una passione assai diffusa in Italia, dove il collezionismo accomuna migliaia di praticanti e genera un indotto economico non indifferente, visto il successo di eventi espositivi (l’edizione 2019 del Salone di Padova ha richiamato 130.000 visitatori), mostre, raduni in località turistiche, gare di regolarità, per non dire dei musei e del lavoro di restauro e manutenzione svolto da qualificati artigiani.

E’ per difendere questo popolo di collezionisti appassionati che l’ASI (Automotoclub Storico Italiano) ha deciso di scendere in campo con una mossa plateale, un ricorso straordinario al presidente della Repubblica, mirato a bloccare i divieti di circolazione imposti da alcune amministrazioni locali (in particolare in Piemonte e in Emilia Romagna) imposti alle storiche, con il pretesto di salvaguardare l’ambiente dall’inquinamento.

Secondo l’ASI “vanno annullati i decreti e le delibere della Giunta Regionale del Piemonte, della Città Metropolitana e del Comune di Torino che vietano la circolazione dei veicoli storici dal 1° ottobre 2019 al 31 marzo 2020”. Una nota del Club informa che lo stesso ricorso verrà presentato contro le ordinanze simili del Comune di Bologna e aggiunge che questa iniziativa “è solo l’ultima azione intrapresa per sensibilizzare le amministrazioni pubbliche all’applicazione di deroghe specifiche per la circolazione dei veicoli storici. Questi – viene puntualizzato - vanno salvaguardati e per farlo bisogna far sì che possano essere usati: se non circolano, i veicoli storici muoiono e con loro muore tutto il mondo ad essi collegato, causando enormi danni, culturali ed economici”.

Il concetto che si vorrebbe far passare è che la conservazione di un’auto storica “non è un privilegio, ma un’azione di tutela nei confronti di un patrimonio storico, culturale, tecnologico e artistico italiano che non ha pari al mondo”. Per rafforzare la credibilità delle proprie posizioni e coinvolgere la politica, l’ASI ha svolto una costante opera di sensibilizzazione, al punto da ottenere l’amichevole sostegno della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. La quale si è più d’una volta esposta a favore del settore affermando che “le istituzioni hanno il dovere di preservare il collezionismo con misure che, anche a livello legislativo, diano chiari segnali di tutela e di valorizzazione sia nei confronti degli operatori, sia nei confronti degli appassionati.”

Al di là delle opinioni favorevoli e delle simpatie più o meno sincere, l’ASI s’è data da fare per dare un contenuto scientifico, e dunque maggiore credibilità alle proprie ragioni. E tra le iniziative intraprese va ricordato l’accordo siglato il 30 ottobre scorso con l’Istituto Superiore di Sanità, finalizzato alla ricerca scientifica che stabilirà il reale impatto ambientale dei veicoli storici. L’obiettivo dichiarato è definire dati oggettivi per le riflessioni future in materia legislativa: “un percorso corretto per arrivare alla giusta regolamentazione della circolazione dei veicoli storici” dicono all’ASI, rammentando che “l’oggetto del contendere rappresenta una minoranza ridottissima di veicoli rispetto al parco circolante”. Se non bastasse, viene ricordato che “le auto storiche percorrono annualmente poche centinaia di chilometri e sono dunque ininfluenti in termini di impatto ambientale”.

“In Italia – sottolinea in proposito Alberto Scuro, presidente dell’Automotoclub Storico Italiano – circolano 56 milioni di veicoli e, di questi, quelli vecchi, intesi come ultraventennali, sono 12 milioni (dati ufficiali della Motorizzazione, ndr). I veicoli storici, invece, sono quelli ultraventennali in possesso di un Certificato di Rilevanza Storica (documento introdotto dallo Stato nel 2009) che ad oggi sono meno di 400.000 in tutta Italia: lo 0,8% del totale circolante. Solo questi – sottolinea Scuro - hanno bisogno di tutela, perché rappresentano la storia del nostro Paese e un mondo di passione che promuove cultura e turismo, ed è un enorme volano di indotto nazionale, che nel 2018 è stato stimato in 2,2 miliardi di euro.”

“I Certificati di Rilevanza Storica – tiene a ricordare ancora l’ASI - sono stati introdotti con specifico decreto ministeriale del 17 dicembre 2009 e identificano i veicoli con più di 20 anni di età dalla costruzione. Vengono rilasciati da enti e associazioni riconosciuti dallo Stato nell’art. 60 del Codice della Strada (Automotoclub Storico Italiano, Federazione Motociclistica Italiana, Registri Storici Fiat, Lancia e Alfa Romeo). Dal 2019, i CRS sono registrati sulla carta di circolazione ed i veicoli storici che ne sono in possesso entrano quindi negli archivi ufficiali della Motorizzazione”.

Tutto vero. Ed è dunque auspicabile che il ricorso straordinario presentato a Mattarella abbia qualche effetto. Ciò detto, è un peccato che su questo fronte di difesa del collezionismo l’ASI non sia in accordo con l’ACI, e in particolare con ACI Storico, che pure si batte a difesa del settore, ma muovendosi non in sintonia con i colleghi dei club privati.

Come è noto, infatti, il presidente di ACI Storico, Angelo Sticchi Damiani, contesta proprio la legittimità del succitato decreto che assegna ai privati dell’ASI la certificazione dei veicoli storici e non perde occasione per ricordare che sarebbe opportuno definire una “lista di salvaguardia” che permetta di creare una distinzione tra “veicoli realmente storici e quelli semplicemente vecchi”. Secondo Sticchi Damiani nel 2019 sono stati circa 50.000 i CRS emessi e, vista anche la drastica riduzione delle rottamazioni incentivate, nel 2020 un gran numero di ultraventennali euro 0 potrebbe ottenere il certificato, senza per questo rappresentare valori di storicità da salvaguardare. “Bisogna tutelare le auto di reale interesse storico e rottamare quelle semplicemente vecchie e non sicure” afferma il numero 1 dell’ACI, tracciando un solco sempre più profondo tra l’ACI stesso e l’ASI. Vani, finora, i tentativi di mediazione tra le due rappresentanze, e senza esito gli incontri svoltisi nella seconda metà del 2019. Da qualunque parte sia la ragione il timore è che tutto ciò indebolisca il movimento.

 

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Giovedì 26 Dicembre 2019 - Ultimo aggiornamento: 27-12-2019 11:51 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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