La corsa di zio Frank si è conclusa. Ieri, a 79 anni, oltre 35 dei quali passati su una sedia a rotelle, il formidabile Williams è passato a miglior vita, lasciando un vuoto e tanta tristezza nel circo della velocità dove, fino allo scorso anno, era un vero monumento. Un’istituzione. Anche se la sua gloriosa scuderia era ormai affidata alle fedeli mani della figlia Claire, il suo carisma e la sua presenza saltuaria riempivano i box. L’orgoglio della Regina se ne va tranquillo perché alcuni dei suoi primati non verranno mai battuti. Per oltre mezzo secolo ha navigato nel paddock, da team manager meno che trentenne fino quasi alla fine dei suoi giorni. È stato l’unico, finora, a poter vantare (alla fine degli anni Novanta) un numero di Mondiali Costruttori più corposo di quello della Ferrari, al via dei GP da quando è nata la F1 (1950).
L’altro record? L’“intensità”. Una superiorità che gli ha permesso di conquistare i suoi 16 allori Mondiali in meno di 18 anni, dal 1980 (Alan Jones) al 1997 (Jacques Villenueve). In quel periodo il dominio fu assoluto, più ricco del Cavallino di Schumacher e della Stella di Hamilton. Gloria, ma anche amarezze. A lui il destino ha dato tanto, ma anche presentato il conto. Nel marzo del 1986, all’apice dei suoi successi, mentre si recava all’aeroporto di Nizza dal Paul Richard dove sui bolidi avevano effettuato dei test, si spense la luce. L’auto guidata da Frank si capottò atterrando sul tetto e le due persone a bordo rimasero schiacciate. Peter Windsor uscì quasi incolume. Frank, dalla parte meno fortunata, si spezzo l’osso del collo (quarta e quinta vertebra irrimediabilmente fratturate), perdendo l’uso delle gambe. A volte la sorte sa essere beffarda.
Due dei suoi piloti più amati, tutto istinto e coraggio come Tazio Nuvolari e Gilles Villenueve, subirono incidenti simili, non potendo contare più sugli arti inferiori. Clay Regazzoni, il primo a vincere una gara con la Williams (il dramma accadde il 14 luglio del 1979 sulla “casalinga” Silverstone) ed Alex Zanardi (il 15 settembre del 2001 sull’ovale di Lausitzring, in Germania) subirono devastanti incidenti che posero fine alle loro carriere in monoposto, cambiando le loro vite. Alex e Clay, due ragazzi molto vicini a Frank, anche se non gli diedero le soddisfazioni sperate. Dopo inizi rocamboleschi, in una F1 degli anni Sessanta dominata dai “garagisti” inglesi che sfidavano il Drake di Maranello, sembrava una fine in tenera età, visto che il manager britannico fu costretto nel 1976 a vendere la sua attività corsaiola al miliardario Wolf che gli cambio nome. Era la fine dell’inizio.
Insieme al fedele amico Patrick Haed, che era la mano tecnica del sodalizio, comprò un negozio di tappeti dismesso a Didcot e lo trasformò in un garage. Due anni dopo, nel 1979, oltre al trionfo iniziale di Clay, arrivarono 4 vittorie (3 consecutive) dalla prima guida Alan Jones. Fu una stagione targata Ferrari, prima di un lungo digiuno (proprio l’era Williams) di oltre 20 anni. Titolo a Jody Scheckter davanti al compagno Gilles Villenueve, con Jones solo terzo nonostante avesse vinto più gare di tutti. Ma gli allori piovono a grappoli. Nel 1980 è Campione l’australiano, nel 1982 Keke Rosberg (conquistò solo una gara...), il papà di Nico. Poi Piquet, Mansell, Prost, Damon Hill, Jacques Villenueve (per non confonderli con i padri...).
La più grande capacità di Williams era scegliere i motoristi che diventavano grandi con lui. Prima la Honda, che poi lo “tradì” scappando con McLaren (poco dopo il grande infortunio...), poi la rivincita con la Renault. Le stagioni di Nigel e Alain (1992 e 1993) le monoposto di Frank dotate di cambio completamente automatico e sospensioni attive mostrano una competitività così elevata da sembrare di un altro pianeta. Il momento più buio? L’anno dopo, il primo maggio 1994 quando ad Imola perse la vita l’osannato Ayrton Senna per la rottura del piantone dello sterzo della Williams che lo mando a 300 orari contro il muro del Tamburello. Frank e Patrick, estremamente addolorati, furono indagati, ma poi scagionati.