Una foto storica del Gran Premio di Roma alle Terme di Caracalla del 1947

Tutte le strade portano a Roma. La storia dei Gran Premi della Capitale

di Franco Carmignani
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ROMA - Si è svolto al Museo delle Auto della Polizia di Stato un seminario dell’Ordine degli Ingegneri di Roma dedicato al Motorismo Storico con una notevole partecipazione di un pubblico di tecnici e appassionati. Tra gli argomenti trattati anche la storia delle corse a Roma, con particolare riguardo al Gran Premio della Capitale, la cui storia è stata raccontata giusto un anno fa nel libro “Gran Premi a Roma”.

In Italia le prime competizioni automobilistiche nascono tra fine ottocento e inizio novecento con epicentro Torino, Milano e Padova, favorite dalle prime industrie che schierano anche macchine ufficiali.

A Roma, nonostante una certa vivacità commerciale alimentata dalle famiglie nobiliari, se ne parla concretamente dopo la prima guerra mondiale, con il Criterium di Roma la cronoscalata da Vermicino a Rocca di Papa-Madonna del Tufo, poi ribattezzata Coppa Gallenga che si corre dal 1921 e la salita della Merluzza, nella zona dell’odierno centro Le Rughe

Ma è tempo di Gran Premi e anche l’Automobile Club di Roma vuole il suo, che si costruirà negli anni una discreta tradizione, sia pure non paragonabile al Gran Premio d’Italia.

Caratteristica della corsa romana sarà la continua ricerca di una sede adatta che interesserà diverse zone della città.

La prima edizione del Reale Gran Premio di Roma organizzata dal RACI si svolge il 22 febbraio 1925 sul circuito di Monte Mario su un percorso di poco più di dieci chilometri che, partendo da viale delle Milizie, tra viale Beato Angelico e largo Trionfale, piega in via della Giuliana e si sviluppa verso via Trionfale e lungo la salita di Monte Mario, il maggior rilievo della città, fino alla barriera del dazio. Il tracciato sale poi verso la Camilluccia sino alla via Cassia per ridiscendere in corrispondenza di piazza dei Giuochi Delfici verso piazzale di Ponte Milvio, lungotevere Capoprati, piazzale Maresciallo Giardino e viale Angelico per tornare su viale delle Milizie. Oltre alla distanza, quasi una volta e mezzo quella di un Gran Premio di oggi, ulteriori difficoltà sono create dai forti acquazzoni che nei giorni precedenti la corsa si sono abbattuti sulla città, e conseguentemente dal fango che ha invaso le strade di Roma, incluse quelle del circuito, scoraggiando anche la partecipazione del pubblico.

La gara vede l’affermazione del conte Carlo Masetti (fratello del più famoso Giulio) al volante di una Bugatti tipo 35, la più famosa delle vetture del costruttore italo-francese, equipaggiata con un motore 8 cilindri in linea di due litri monoalbero con 3 valvole per ogni cilindro. Masetti vince con una media di quasi 100 km/h precedendo Emilio Materassi su Itala, la gialla “Italona” come la chiamava il campione fiorentino che utilizzava un motore d’aereo Hispano-Suiza di quelli prodotti dalla stessa Itala durante la guerra, originariamente un V8 ridotto a quattro cilindri tre litri sufficienti per spingere quel bestione di due tonnellate di massa. A fine gara a Materassi non viene segnalato che ha concluso il quarantesimo giro e prosegue la sua corsa per altri due giri, fino a quando i suoi meccanici riescono a fermarlo.


I lavori al collettore del Tevere iniziati quello stesso anno rendono impraticabile il circuito e per l’edizione del 1926 si rende necessario individuare una nuova sede e soprattutto un’altra data.

Ci si sposta a fine marzo sull’altra riva del Tevere, nella zona di Valle Giulia tra Villa Borghese e la collina dei Parioli.

Muovendo dalla spianata davanti al Palazzo delle Belle Arti si scendeva verso via Flaminia e Viale Tiziano dove si toccavano le velocità più alte, poi curva a destra per Lungotevere Acquacetosa, quindi curvando a sinistra si saliva per a Viale Parioli fino a viale Rossini e giù per via Aldovrandi con la difficile curva a destra davanti al cancello di Villa Borghese per tornare sulla linea partenza/arrivo davanti al palazzo dell’attuale Galleria Nazionale di Arte Moderna, la distanza complessiva, è quasi uguale a un gran premio attuale.

Sono 22 vetture al via. Due note da segnalare: a bordo ci possono essere pilota e il meccanico, oppure il solo pilota e una zavorra di 70 kg, mentre lo schieramento prevede le macchine di maggior cilindrata in testa e le altre a seguire. Le prove di qualificazione, saranno introdotte solo qualche anno dopo. La gara vive sul duello tra l’Alfa Romeo P2 di Gastone Brilli Peri e la Sunbeam di Giulio Masetti, il fratello del vincitore della prima edizione, poi costretto a ritirarsi. All’ultimo giro Brilli Peri in difficoltà rallenta ed è superato dalla Bugatti 35 di Aymo Maggi, noto come uno dei quattro inventori della Mille Miglia.

Terzo con un’altra Alfa Romeo P2 è il conte Giovanni Bonmartini, poliedrico personaggio protagonista in quegli anni nell’industria aerea, tra le moto con la “Rondine e ancora per i futuri passaggi fondamentali del gran premio.


La terza edizione del Reale Premio di Roma si disputa su un circuito più corto con partenza spostata su viale Tiziano e i box allestiti poco prima, nella zona dello Stadio Nazionale, dove oggi si trova lo Stadio Flaminio. Di qui, come l’anno prima, il percorso si snoda fino a Ponte Milvio, lungotevere dell’Acqua Acetosa, largo Farinelli, piazzale del Parco della Rimembranza poi diritti per viale maresciallo Pilsudski fino a piazzale Ankara, dove si gira a destra per riportarsi su viale Tiziano. Alla gara, la seconda domenica di giugno, partecipano 19 concorrenti, quindici dei quali al volante di Bugatti, tra i quali emerge la classe di Tazio Nuvolari, già popolare tra gli sportivi romani per le sue vittorie in moto con la Bianchi 350 dell’anno prima.

La gara è però funestata da un incidente che coinvolge il pubblico, e la quarta edizione della corsa cambia radicalmente impostazione, abbandonando il centro a favore di una zona periferica a sud della città.


La sede del nuovo circuito viene identificata oltre Porta San Paolo, dove oggi sorgono i quartieri EUR, Mostacciano e Torrino. La partenza è in via Ostiense, tra le attuali stazioni di Tordivalle e Magliana della ferrovia Roma-Lido, per poi voltare su via delle Tre Fontane e quindi, al termine di quest’ultima, su via Laurentina fin quasi all’altezza dell’attuale svincolo del Grande Raccordo Anulare dove si volta in via dell’Acqua Acetosa Ostiense per proseguire poi lungo via di Decima fino a riprendere la via Ostiense.

Sul traguardo si impone il monegasco Louis Chiron con la solita Bugatti. Cinquanta-sessantamila persone si assiepano lungo il circuito delle Tre Fontane che hanno raggiunto in auto oppure con la ferrovia Roma-Lido da poco inaugurata.

Si replica nel 1929 quando vincono finalmente due piloti italiani su due auto italiane Achille Varzi e Gastone Brilli Peri con le Alfa Romeo P2, che interrompono la striscia Bugatti. Il giro più veloce di Brilli Peri sfiora i 140 km/h.


Si replica il 25 Maggio 1930 e sul circuito delle Tre Fontane c’è l’apoteosi della Maserati che vince entrambe le gare in programma: la principale per le vetture di formula libera con la 26M-2.500 di Luigi Arcangeli e quella di contorno riservata alle vetturette fino a 1100 cc, con l’esordiente 26C anch’essa ad 8 cilindri in linea, pilotata dallo stesso costruttore Alfieri Maserati.

Ma neppure il circuito delle Tre Fontane riesce a diventare la sede definitiva del Reale Premio di Roma che per l’edizione del 1931 si trasferisce all’aeroporto del Littorio, l’odierno Urbe, all’interno del quale è stata realizzata una pista con tanto di curve sopraelevate, che di fatto dopo l’autodromo di Monza (realizzato nel 1922) è la seconda pista nata in Italia.


La corsa, in programma il 7 giugno 1931, prevede quattro batterie di qualificazione e una finale. E’ un trionfo Maserati. Ernesto Maserati su Maserati V4. si aggiudica la finale precedendo i compagni di marca René Dreyfus e Clemente Biondetti.


Meritano un piccolo approfondimento le Maserati Tipo V4 e V5 le 16 cilindri Maserati vincitrici di due edizioni consecutive del Reale Premio di Roma su un terreno di gara particolarmente adatto alle loro caratteristiche.

Abbinando in parallelo due motori 8 cilindri in linea della Tipo 26B, Alfieri Maserati realizzò un 16 cilindri a V di quattro litri sovralimentato con 2 compressori volumetrici Roots con una potenza compresa tra 280 ed 305 CV. Il propulsore, montato sul telaio allungato della stessa Tipo 26B, portò alla realizzazione della V4, una biposto leggera e potente in grado raggiungere velocità nell’ordine dei 250-260 km/h, condizionata però dagli elevati consumi di carburante e di pneumatici.

Nel 1932 fu sostituita dalla V5 che, come fa intuire la il nome, aveva un motore di cilindrata maggiorata a 5 litri e una potenza di 330-360 CV

L’ottava edizione del Gran Premio di Roma vive sul duello tra la V5 di Fagioli e l’Alfa Romeo 2,5 litri di Varzi fra i quali si inserisce anche Piero Taruffi che alla fine è secondo sul traguardo.

E’ l’ultima corsa automobilistica sull’autodromo lungo la via Salaria. Dopo un paio edizioni dell’omonimo gran premio motociclistico, Balbo, da sempre in rotta con la CNA di Bonmartini proprietaria dell’impianto, vuole tutto il sito, le cui strutture saranno poi bombardate durante la guerra, riservato esclusivamente all’attività aeronautica.


Dopo la guerra, il Gran Premio di Roma ritrova la sua collocazione nel calendario delle manifestazioni sportive ed una nuova sede, sicuramente la più amata dal pubblico, nei pressi delle Terme di Caracalla, a ridosso del complesso monumentale dove si svolgono le manifestazioni della Primavera Romana del Motore. Il tracciato che interessa piazza Numa Pompilio all’inizio del viale delle Terme di Caracalla, Porta Capena, via Antoniniana, viale Baccelli, largo Enzo Fioritto è relativamente corto, ma completo e spettacolare.

Il Gran Premio di Roma del 25 Maggio 1947 che si disputa con vetture sport passa alla storia per aver visto la prima vittoria di una Ferrari, la 125 S di Franco Cortese. Il nome di questa barchetta, utilizzando la cui meccanica viene realizzata nel 1948 anche la 125 da gran premio, indica la cilindrata unitaria (125 cc) del 12 cilindri a V di 60 gradi, un monoalbero di 1,5 litri.

Le macchine di Maranello vinceranno anche le edizioni successive. Nel 1949 con le neonate Formula 2 la Casa di Maranello piazza quattro monoposto nei primi quattro posti della classifica .Si impone con una media superiore ai 100 km/h, Gigi Villoresi.

L’edizione del 1950, riservata ancora alle monoposto di Formula 2, conferma il successo ed il risultato di quella precedente con le tre Ferrari ufficiali ai primi tre posti. La vittoria va ad Alberto Ascari ed un giovanissimo Stirling Moss che stabilisce il nuovo record del circuito prima di ritirarsi per la perdita di una ruota.


Nel 1951 si impone Mario Raffaelli al volante di una Ferrari della Scuderia Marzotto, costituita all’inizio di quello stesso anno a Valdagno dai quattro fratelli Giannino, Paolo, Umberto e Vittorio Marzotto, industriali tessili ed ottimi gentleman-driver.


Le peregrinazioni del Gran Premio di Roma per le strade della Capitale non sono però ancora finite. Dopo una pausa di due anni la corsa si trasferisce nel 1954 a giugno sul circuito di Castelfusano che utilizza strade all’interno dell’omonima pineta e come rettilineo di partenza l’ultimo tratto di via Cristoforo Colombo appena ultimata.

La vittoria, la prima di un pilota non europeo, va all’argentino Onofre Marimon, da molti considerato all’epoca l’erede di Fangio, che con la Maserati 250F della squadra ufficiale conquista anche la pole position e il giro più veloce in gara a quasi 175 km/h la più alta mai ottenuta nei trent’anni del Gran Premio. Queste medie sono troppo elevate per un circuito stradale circondato da alberi. Nel 1956, dopo un anno di pausa, a seguito della tragedia di LeMans, quando si torna a Castelfusano, gli organizzatori riservano la corsa alle vetture sport, granturismo e turismo speciale, raggruppate su più competizioni di un’ora ciascuna


La più importante della giornata, quella che designa il vincitore assoluto, è appannaggio di Jean Behra al volante della Maserati 200S, la Casa del Tridente eguaglia così il record di vittorie della Ferrari.

Dopo quel Gran Premio del ’56 – anno della famosa nevicata a Roma, il circuito di Castelfusano ospiterà solo competizioni minori (come, ad esempio, la Giornata dei Primati) e verrà poi utilizzato fino alla metà degli Anni '60 dalla Polizia di Stato per addestrare i piloti delle volanti ed i motociclisti della Stradale.

Quando sono in corso queste prove l'accesso alla pineta è ovviamente vietato, ma molti appassionati riescono lo stesso a trovare il modo per mettersi a bordo pista per vedere gli agenti. Specialmente quando è in azione il leggendario maresciallo Spatafora con la famosa Ferrari 250 2+2, che è una delle icone qui al Museo.

Fortunatamente il motorsport romano dall’autunno del 1957 dispone di un nuovo impianto fisso a una cinquantina di km a nord sulla via Cassia: Vallelunga dove l’esistente pista in sabbia di origini ippiche è stata appena asfaltata. Il piccolo circuito di 1,8 km ospita per la prima volta la formula 1 il 4 novembre 1961 con una gara nazionale, che assegna il titolo italiano a Giancarlo Baghetti. Passa un anno e mezzo, la pista viene allungata, e sul tracciato di 3,2 km che gira in senso antiorario torna a corrersi il Gran Premio Roma (il “di”, usato ancora da qualche purista, si riferiva alla precedente denominazione Premio Reale di Roma). Dopo l’edizione del 1963, che a tutti gli aspetti è una corsa minore di F1, non di campionato, vinta dall’inglese Bob Anderson con una Lola, il Gran Premio trova finalmente una collocazione importante con la F2 fino al 1984 e poi con la F3000. Da queste gare sempre molto spettacolari sulla pista di Campagnano, rifatta nel 1970 con tanto di inversione del senso di marcia, passeranno tantissimi piloti poi destinati a diventare protagonisti in F1: Ickx, Peterson, Fittipaldi, Lauda e tanti altri. Emerson Fittipaldi vincerà anche l’ultima corsa di F1 il Gran Premio della Repubblica 1972.

Da ricordare anche le varie edizioni della Sei Ore di Vallelunga per il campionato mondiale marche con le sport-prototipi e le silhouette Ferrari, Matra, Porsche, BMW, Lancia, De Tomaso, Osella.

A metà anni ottanta si torna a parlare di un Gran Premio di F1 in città, questa volta inserito nel calendario mondiale. Ci saranno due tentativi, il secondo arrivato veramente a un passo dalla realizzazione, da parte di Maurizio Flammini, l’ex pilota romano di F2, che dopo aver sfiorato il passaggio è diventato un abile imprenditore. La location è sempre all’Eur, con il primo tracciato che dal Laghetto si spinge fino all’incrocio della Colombo con Viale Oceano Atlantico, il secondo all’interno del quartiere, che in parte è ripreso dall’odierno E-Prix.

Pochi giorni fa, infine, Roma ha ospitato la prima Olimpiade del motorsport. Sfilata delle vetture dall’Eur al Colosseo, a due passi dal traguardo della maratona olimpica del 1960 vinta da Abebe Bikila a piedi scalzi, cerimonia di inaugurazione al Circo Massimo, gare a Vallelunga che nel frattempo è diventata un polo dei motori con Centro Guida Sicura, Auditorium, pista rally, pista off-road, impatto zero grazie all’energia prodotta dall’impianto a pannelli solari.

Un successo!

 

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Sabato 14 Dicembre 2019 - Ultimo aggiornamento: 15-12-2019 19:39 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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