Marco Bonometti Presidente OMR Automotive

Marco Bonometti (OMR Automotive), l’industriale che non aspetta il domani: «Il futuro? Non è il 2030. Il futuro è oggi»

di Paolo Artemi
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Da oltre cent’anni OMR Automotive è il cuore pulsante dell’automobile: realizza componenti fondamentali per la sicurezza, la tenuta, la resistenza, e lo fa per i più grandi marchi dell’industria. La lista dei clienti recita Ferrari, Lamborghini, Aston Martin, Porsche ed è lunghissima. In un momento storico in cui l’auto sta cambiando pelle – diventando elettrica, autonoma e sempre più connessa - è ghiotta l’opportunità di sapere da Marco Bonometti, presidente del gruppo, come cambiano le regole del gioco industriale ed economico, della sicurezza, e quale ruolo giocano oggi i fornitori di sistemi e parti strutturali nel garantire la protezione di guidatori e passeggeri.

La prima Ferrari elettrica, per ora chiamata 244, porta la firma di OMR

Marco Bonometti non aspetta i convegni per dirlo. Ma stavolta lo fa davanti a una platea attenta, riunita a Brescia per la sesta Conferenza sulla sicurezza stradale, organizzata dall’Università degli Studi di Brescia e dal Rotary, alla vigilia della partenza della 1000 Miglia.

L’occasione è una tavola rotonda ad alta temperatura, dove si intrecciano sicurezza, tecnologia, ambiente, normative e visioni di futuro. E Bonometti, presidente di OMR Group, uno degli attori industriali più dinamici dell’automotive europeo, non delude: parla come lavora, senza freni né diplomazia. Un industriale che non si limita a produrre componenti: costruisce idee, lancia provocazioni, propone soluzioni.

Marco Bonometti è un fiume in piena.

«Abbiamo sviluppato un nuovo telaio partendo da una sfida ambiziosa», racconta con lo sguardo acceso, più da progettista che da manager. «Ridurre i componenti da 600 a poco più di 200. Sembrava impossibile, ma ci siamo riusciti. E senza compromettere sicurezza, rigidità e prestazioni. Anzi: le abbiamo migliorate.»

Nello stabilimento OMR di Atessa, in Abruzzo, si producono i telai per le Aston Martin

Il segreto? Un mix di innovazione materiale e visione sistemica. «Abbiamo usato leghe leggere di nuova generazione, materiali riciclati ad alta resistenza, e riscritto completamente i processi produttivi grazie all’intelligenza artificiale. Il risultato è un telaio più leggero, più sicuro e soprattutto più sostenibile. Abbiamo abbattuto del 60% le emissioni di CO₂ nella sua realizzazione. Ma non è solo green: è anche più efficiente, e riduce i consumi di carburante. È il tipo di innovazione che serve davvero.»

Il lato oscuro della transizione. Tuttavia, dietro l’entusiasmo ingegneristico, Bonometti lancia anche un grido d’allarme. Un invito alla lucidità, in mezzo al frastuono ideologico della transizione ecologica.

«Parliamo tanto di elettrificazione, ma nessuno dice che le batterie delle auto elettriche non sono ancora davvero omologate sotto il profilo della sicurezza. A Marghera, un’auto elettrica ha preso fuoco e non si riusciva a spegnerla. Questo non si può ignorare. Serve più trasparenza, più responsabilità. L’innovazione non va inseguita a ogni costo, va verificata nei suoi effetti reali.»

Battery case per la futura Ferrari elettrica prodotto da AMR

Un tema caldo, che riapre il dibattito su quanto sia opportuno spingere sull’acceleratore della mobilità elettrica, mentre alcune tecnologie sono ancora immature o scarsamente regolamentate. Bonometti non è contrario al cambiamento, ma lo vuole sensato, misurabile, consapevole.

E non risparmia critiche nemmeno agli ADAS, i sistemi di assistenza alla guida ormai obbligatori anche sulle auto più piccole: «Oggi anche una city car deve integrare sensori, radar, mantenimento di corsia… Ma ha senso caricare questi costi su un’auto pensata per andare a 30 km/h in città? Così diventano più care, più pesanti, meno adatte all’uso urbano. È un paradosso normativo che rischia di allontanare dalla mobilità le fasce a reddito medio-basso.»

Europa, regole e assenze strategiche. C’è un altro tema che gli sta a cuore, ed è forse il più urgente. La voce si fa più tesa, meno tecnica, più politica.

Dai pannelli solari sugli tetti degli stabilimenti OMR si producono 3,5 Megawatt di elettricità all’anno

«Le normative europee spesso non tengono conto della realtà produttiva. Servirebbero regole coerenti, che incentivino davvero l’innovazione intelligente. E invece noi, l’Italia, dove siamo quando queste regole si scrivono? Assenti.»

Bonometti non ci gira intorno: «Non basta lamentarsi a giochi fatti. Dobbiamo esserci nei luoghi dove si decide. Fare lobby, fare squadra, fare pressione. Altrimenti decidono gli altri. E infatti, quando ho visto in anteprima alcuni documenti strategici sulla transizione green, l’apporto italiano era minimo, quasi inesistente.»

Il tempo stringe. Il presidente di OMR lo dice con chiarezza brutale: «La sintesi europea sulla mobilità si gioca adesso, entro il 2025. Non tra cinque anni. Se perdiamo questa finestra, i danni saranno irreparabili.»

Non è solo industria, è visione. Il ritratto che esce da questa conversazione è quello di un imprenditore che ha smesso da tempo di pensare solo alla “sua” azienda. Bonometti è un convinto sostenitore dell’industria manifatturiera come motore di sovranità economica e credibilità internazionale. «L’innovazione è fondamentale, ma non basta essere bravi in laboratorio: bisogna essere presenti nei processi decisionali globali. Portare l’Italia dove si decide. Il futuro è oggi.»

Fusione interna a bassa temperatura per il nuovo motore 12 cilindri Lamborghini

E con questo monito, più strategico che tecnico, si chiude la chiacchierata. Ma resta la sensazione che dietro ogni parola ci sia molto di più: la fatica di chi produce, l’urgenza di chi vede il tempo scadere, la passione ostinata di chi non vuole rassegnarsi a essere spettatore della rivoluzione industriale più importante del nostro secolo.

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lunedì 16 giugno 2025 - Ultimo aggiornamento: 13:58 | © RIPRODUZIONE RISERVATA