Stephan Winkelmann, presidente e amministratore delegato di Lamborghini Automobili nonché presidente di Bugatti Automobiles

Stephan Winkelmann: «Lamborghini, non solo elettrificazione. A Bugatti serve un secondo modello»

di Nicola Desiderio
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Una casa in procinto di spendere un miliardo e mezzo in 4 anni ed un’altra il cui futuro è tutto da decidere. Tutte e due sono marchi gloriosi e di tradizione latina, ma hanno in comune un proprietario (il gruppo Volkswagen) e un presidente tedeschi. Stephan Winkelmann è presidente di Bugatti Automobiles e da poco è tornato ed essere anche presidente e amministratore delegato di Lamborghini Automobili, dove aveva ricoperto la stessa carica dal 2005 al 2016. La missione è portare a compimento la strategia Cor Tauri il cui obiettivo è dimezzare le emissioni di CO2 dei prodotti della casa di Sant’Agata Bolognese entro il 2025.

Ben ritrovato! Ritorno in Italia per una nuova sfida, anzi tante nuove sfide. La gestione di due marchi di fronte al loro futuro che è non certo semplice perché per loro natura non sono sostenibili. Come fare tutte e due le cose?

«Diciamo che conosco bene quello che possono darmi tutte e due le squadre. In questi 3 anni e mezzo ho avuto modo di conoscere i miei collaboratori in Bugatti e al mio ritorno ho trovato molti di quelli che avevo lasciato in Lamborghini. Il rientro è stato quindi fluido e sono riuscito a coprire in maniera abbastanza soddisfacente i due ruoli. Le cose stanno andando…»

Con la pandemia come è cambiata l’esperienza di un cliente di Lamborghini o Bugatti?

«Durante la pandemia i nostri clienti hanno avuto molto tempo per pensare al futuro e ad informarsi. Hanno riflettuto molto anche sulle loro vite e molti hanno deciso di comprare più di prima. Da parte nostra, abbiamo usato tutti i canali virtuali immaginabili come Skype o YouTube e naturalmente abbiamo anche fatto dei webinar con i nostri concessionari e i nostri clienti presentando le nostre vetture e parlando di temi specifici. Tutto questo non significa una nuova normalità. La chiusura dei concessionari e l’impossibilità di provare una vettura ci colpisce ovviamente di più di quanto possa fare per altri tipi di marchio. Per noi guidare il prodotto e il “touch and feel” è una cosa sempre molto importante. Devo dire però che, quando siamo tornati al lavoro il maggio scorso e abbiamo riaperto, il mercato è tornato».

Per Lamborghini il futuro è sicuramente elettrificato conservando il V12. Fino a che punto questo tipo di motore con la quale Lamborghini è nata ed ha vissuto potrà essere il simbolo effettivo del Toro?

«L’importante è l’abbattimento delle emissioni, non il tipo di propulsore che hai nel cofano. Oggi l’ibrido ci permette di abbattere le emissioni con prestazioni ancora superiori. Domani avremo anche auto elettriche. Per le supersportive, un’altra soluzione è rappresentata dalle benzine sintetiche e, se ci potranno portare gli stessi risultati di una batteria, saremo i primi a continuare con i motori a scoppio. Non abbiamo l’urgenza di decidere adesso perché anche il prossimo ciclo i prodotti è con il motore a scoppio. Vedremo nei prossimi anni come si evolve questo tipo di combustibili e anche il mercato nella sua interezza. Credo infatti che ci sarà ancora una domanda consistente di auto dotate di motore a combustione interna e, se ci sarà una benzina sintetica sostenibile, potremo dare un futuro a vetture che costano meno abbattendo le emissioni. Questo è un futuro immaginabile per le supersportive così come per quelle vetture dove il costo dell’elettrico è e rimarrà ancora un problema».

Immaginate la vostra elettrica come “nativa” o piuttosto come una vettura che il cliente potrà scegliere sia con il motore a pistoni sia con quello ad elettroni?

«No, per le supersportive avremo l’ibrido dal 2023 e nella seconda metà del decennio avremo un’elettrica vera e propria. Sarà una supersportiva nel suo segmento, ma non una supersportiva come la Huracàn o la Aventandòr. Potrà essere una 2+2 o una quattro porte ma, in ogni caso, sarà una vettura per l’uso quotidiano».

Il quarto modello sarà dunque elettrico. Facendo riferimento ai concept presentati da Lamborghini negli ultimi anni, la immagina come una coupé 4 porte come la Estoque o una GT 2+2 come la Asterion?

«Né l’una né l’altra. Però l’idea potrebbe essere una 2+2 prendendo il meglio del design delle GT coniungandolo ad una seduta più rialzata, per offrire al cliente che la usa tutti i giorni una maggiore sensazione di sicurezza e una migliore visibilità. Questa è l’idea di base, ma dobbiamo ancora decidere qual è la giusta tipologia di carrozzeria e qual è il segmento giusto».

Mi sembra di capire che sarà un crossover estremo…

«È una delle ipotesi. Di sicuro faremo un’auto che ancora non esiste sul mercato».

A livello industriale e di tecnologia, negli ultimi anni è stato fatto un lavoro enorme per dotare Lamborghini di un patrimonio proprio, al di là della grandi spalle del gruppo cui appartiene. L’ulteriore ampliamento che sarà necessario sarà fatto ancora una volta seguendo questa filosofia o affidandosi di più alle risorse condivise?

«Anche qui non abbiamo preso una decisione. Va detto però che lo sviluppo è una cosa, i componenti sono un’altra e noi li condividiamo per quegli aspetti che non sono vitali per il DNA del marchio mentre sviluppiamo internamente quelli indispensabili per una Lamborghini. Il Gruppo ci aiuta molto nell’investire e per sviluppare tutte quelle tecnologie che per noi sono specifiche e fondamentali».

Le nuove forme di propulsione provocheranno un’evoluzione dello stile per Lamborghini?

«Ho già visto due nuove supersportive ed è impossibile notare differenze e dire che sono ibride».

Per le supersportive immaginate un ibrido come quello della Siàn o plug-in?

«Sarà plug-in, ma la capacità di ricarica sarà altissima e sarà sfruttabile anche in pista così da avere ad ogni giro tutta la performance della vettura».

Quindi la tecnologia dei supercondensatori utilizzata sulla Siàn sarà abbandonata?

«Quella dei supercondensatori è una tecnologia ponte per abituare i nostri clienti all’idea dell’ibrido, ma non sarà presa in considerazione per le prossime supersportive».

Non avete paura che l’ibrido plug-in sia penalizzante per il peso e dunque per la dinamica della vettura?

«Il peso è un aspetto fondamentale e ancora più importante è il rapporto peso/potenza. Lì dobbiamo essere uguali o meglio di adesso».

Continuerà anche con Bugatti?

«Vedremo. Non sta a me decidere».

Il marchio è però oggetto di discussione. Si è parlato di vendita alla Rimac che è posseduta al 24% dalla Porsche. C’è dunque molto che bolle in pentola mentre è chiara la volontà di tenere Lamborghini visto che sarebbe stata rifiutata un’offerta da 7,5 miliardi di euro…

«Non commento le voci che circolano, non posso dunque dire se e quando saranno prese decisioni in merito».

Parlando di Bugatti, il suo motto è “If it’s comparable, it’s not a Bugatti”. Che cosa ci vuole allora per fare una Bugatti del futuro e renderla davvero incomparabile?

«Anche qui il prossimo passo sarà l’ibridizzazione. E poi, secondo me, ci vuole un secondo modello. Ettore Bugatti non faceva solo auto da corsa estreme, ma anche coupé, limousine e cabriolet. Il marchio è rinato con la Veyron, una vettura che è riuscita a coniugare il design, le prestazioni e l’esclusività riportando Bugatti alla ribalta dove lo avevamo lasciato decenni prima, con successo. Abbiamo fatto un record finanziario dopo l’altro e con la Chiron stiamo andando alla grande, ma un marchio piccolo deve avere comunque le spalle larghe, soprattutto se vuole dotarsi di un secondo modello».

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Mercoledì 7 Luglio 2021 - Ultimo aggiornamento: 08-07-2021 21:10 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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