Il pilota Max Angelelli (a sinistra) sul podio della 24 Ore di Daytona con la bandiera italiana

Daytona, Angelelli chiude la carriera dopo il trionfo nella 24 Ore con Cadillac

di Mattia Eccheli
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DAYTONA BEACH – Un apostrofo che fa la differenza: Max l'ascia, lascia. Max è il diminutivo di Massimiliano, il cui nomignolo inglese è Max the Axe, ascia appunto. All'anagrafe Massimiliano Angelelli figura come un fresco cinquantenne (ha celebrato il mezzo secolo lo scorso 15 dicembre). Alla voce professione, sulla carta d'identità non comparirà più la scritta pilota. Perché domenica pomeriggio in Florida ha corso l'ultima gara della sua carriera agonistica.

Angelelli aveva anticipato prima della 24 di Daytona l'addio alle competizioni. Ma per il ritiro ha deciso di “regalarsi” una vittoria, la seconda su quel circuito dopo il successo del 2005 ottenuto con Wayne Taylor ed Emmanuel Collard. Quasi un simbolico “gemellaggio” con Melbourne, dove un altro non più giovanissimo (per la sua disciplina, il tennis), Roger Federer, si aggiudicava il primo torneo del Grande Slam del 2017.

Il pilota italiano, che era al volante della Safety Car (una Vectra) che Ayrton Senna aveva tallonato nel GP di San Marino nel 1994 prima del suo mortale incidente, ha legato anche questa sua nuova affermazione alla 24 Ore di Daytona allo stesso cognome, quello di Taylor.

Dopo aver guidato la penultima frazione, Angelelli ha passato il volante a Ricky Taylor, figlio di Wayne e fratello di Jordan, anche lui parte del quartetto che ha pilotato verso la vittoria il prototipo Cadillac DPi sviluppato assieme all'italiana Dallara. L'ultimo dei “moschettieri” è Jeff Gordon.

In Italia, Max the Axe ha vinto il campionato di Formula 3 nel 1992, mentre nel 1999 ha sfiorato la Top 10 (undicesimo) nella 24 Ore di Le Mans. La sua “fortuna” professionale l'ha fatta negli Stati Uniti, dove ha corso per anni nel Grand-Am, il circuito di endurance americano.
 

 

 

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Mercoledì 1 Febbraio 2017 - Ultimo aggiornamento: 17:16 | © RIPRODUZIONE RISERVATA