F1, la serie tv tra fiction e cronaca. E Grosjean rivela: «Avevo accettato l’idea di morire»

Formula 1, la serie tv (tra fiction e cronaca) fa il pieno di pubblico. E Grosjean rivela: «Avevo accettato l’idea di morire»

di Benedetto Saccà
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ROMA – Dovreste vederla. Davvero. Dovreste. Nelle sere ormai annoiate del coprifuoco, e della zona rossa, e della pandemia, un ottimo passatempo per colmare certe esitazioni potrebbe essere il dedicarsi a questa serie televisiva. Quale? Ma naturalmente «Formula 1: Drive to Survive». Dove? Su Netflix, ovvio. Negli ultimi giorni è uscita la terza stagione, dal momento che domenica comincerà il nuovo mondiale.

A beneficio dei neofiti diremo che si tratta di una serie di dieci episodi che racconta la stagione (precedente) di Formula 1 attraverso l’astuto espediente narrativo di dedicare ogni puntata a una scuderia differente, lasciando quindi che il racconto del campionato scorra sullo sfondo. C’è del talento, indubbiamente. 

D’altra parte ai curatori non dev’essere sfuggito un non insignificante dettaglio. E cioè. È praticamente l’unica (o quasi) serie tv di cui si conosca il finale ancor prima che sia resa pubblica. Ogni appassionato sa, dopotutto, che il Mondiale l’ha confiscato Hamilton dal primo all’ultimo Gran premio; che la Ferrari non ha mai smesso di lamentare cataclismi approssimativamente disastrosi; che Grosjean si è ritrovato a nuotare in una terrificante palla di fuoco e ne è uscito praticamente indenne. 

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E dunque. Si saranno domandati le donne e gli uomini di Netflix: come, se non proprio affascinare, almeno incuriosire lo spettatore – tra l’altro il giovane spettatore, già dotato di una soglia dell’attenzione pericolosamente bassa, cui sovente si intreccia la (malsana) abitudine di guardare serie da 20 minuti a episodio (inediti, per giunta) con lo smartphone in mano? Già. Come?

La risposta, nella sua scottante onestà, è semplicissima. Soltanto offrendo, al potenzialmente distrattissimo abbonato, un coriandolo di sapere in più. O meglio. Servendogli sul piatto d’argento dell’accadì una visuale – o una visione, chissà – inedita. Quindi. A essere inedito non è tanto il finale della storia (ché tanto si sa), quanto il suo viaggio verso il finale – o, tentando di essere ancora più esatti, lo srotolarsi di elementi nuovi che si raccolgono nel cammino verso il traguardo. E, per compiere il viaggio, torna utile senz’altro il devolvere una puntata a ciascuna scuderia, perché posare lo sguardo su un solo soggetto permette sempre di conoscere, approfondire, scorgere curiosissimi dettagli, aprire problematici scenari, inaugurare assurde simpatie, decretare ignobili e violentissime repulsioni.

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Dovreste vederle, si diceva, queste puntate. Sissì. Durano tra i 40 e i 50 minuti – non certamente tempi da improvviso crollo di sonno. L’appassionato di Formula 1 ne esce arricchito, senza dubbio. Intanto bisogna annotare che il montaggio e la qualità della riprese tendono a scaraventare il racconto nel magico mondo del fantastico. Siamo verosimilmente in presenza di uno dei rari casi in cui la forma è sostanza, non c’è dubbio.

Per cui si ha come l’impressione di assistere al film – anzi, alla conversione in un film – di un servizio del telegiornale. È vero, tutto è già noto, ma la distanza è differente. L’evento in diretta brucia tonnellate di grandiosi particolari, mentre la serie rimette in prospettiva e in sequenza cause ed effetti, e ricostruisce testi e contesti.

Giunto (faticosamente) fin quaggiù, il lettore però potrà chiedersi: sì, tutto bello: ma in che senso, che vuol dire in pratica? In pratica significa che si possono scoprire fantastiliardi di sublimi frammenti di verità. Tipo. Hamilton che canta felice prima delle riunioni con gli ingegneri; Bottas che, durante una sauna a casa sua in Finlandia senza anima viva nel raggio di 850 chilometri, ha l’unica preoccupazione di battere Hamilton e si arrovella per tentare di escogitare un piano; ancora Bottas che, ormai ulcerato e ossessionatissimo da Hamilton, favorisce Verstappen pur di sfavorire il compagno (compagno, poi...); Toto Wolff che si allena nelle palestre degli alberghi con il commissario Michael Masi; Perez che incolla due santini nell’abitacolo della macchina ed è terrorizzato di rimanere senza squadra; oppure il povero Albon che, passerotto, le sbaglia tutte e infatti, puntuale, perde il posto nella Red Bull. Senza dimenticare il Covid che sbuca qui e lì, e sabota, e complica la quotidianità del circus.

A meritare un paragrafo, poi, è di certo la puntata sull’incidente capitato a Romain Grosjean in Bahrain. Perché a raccontare la passeggiata sul filo della tragedia, drammaticamente, sinceramente, sorprendentemente, è proprio Grosjean. «Avevo quasi accettato l’idea di essere un uomo morto», scandisce con una nonchalance disumana. E in una decina di minuti allinea piccoli scorci all’andare della cronaca ormai diventata storia. «Vedevo tutto arancione e non riuscivo a muovermi», sussurra. E, non fosse già abbastanza, assesta il gancio capovolge il mondo. «Il colpo dell’incidente non è stato tanto forte...». Alt, no, un momento. Prego? A quel punto bisogna per forza rimandare indietro il filmato, dato che si ha l’impressione di non aver capito bene. «Il colpo dell’incidente non è stato tanto forte». Non è stato...? Dunque, per ragioni che evidentemente trascendono la nostra comprensione, una decelerazione di 56g (avete letto bene: cinquantasei) non è stata tanto forte? È lampante allora che un simile fascio di luce e di verità valga tutta l’attenzione del mondo.

Infine. Non si può non dedicare due righe alla Ferrari. Anzi. All’immagine della Ferrari restituita dalla serie. Ecco, il tragico episodio sul Gp di Monza presenta un panorama nella migliore delle ipotesi imbarazzante, macchiato di gelosie, orrende antipatie, scarsa sensibilità umana, dualismi, dispettucci incrociati, tossicità di vario grado, disdicevoli condotte sportive da mandato di cattura. Astio&rancore a pioggia. E qua e là si possono comodamente scorgere perfino dei cumuli di dilettantismo sotto il tappeto. O comunque. Tutto tende a suggerirlo, ecco. Ma no, dài. Non può essere. Non può essere questa, la Ferrari che il mondo ci invidia. Meglio tranquillizzarsi, allora, e concludere che in fondo debba essere di certo l’unica puntata in cui la fiction prenda il sopravvento sulla cronaca. Sarà senz’altro così.

 

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Lunedì 22 Marzo 2021 - Ultimo aggiornamento: 08:56 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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