VALENCIA – Antonio Giovinazzi, dopo Jarno Trulli, Vitantonio Liuzzi e Luca Filippi il quarto italiano a gareggiare in Formula E (escludendo i piloti con doppio nazionalità come Edoardo Mortara e Lucas di Grassi che sfoderano i passaporti svizzero e brasiliano), ha la Formula 1 in testa, anche perché è il terzo pilota della Ferrari. Ha dichiarato di concentrarsi sulla Formula E «che sarà il mio campionato principale il prossimo anno e voglio dare il massimo qui». «Ovviamente – ha aggiunto - vorrò comunque avere un piede nel paddock di Formula 1 perché non so ancora cosa succederà nel 2023. Voglio avere tutte le carte sul tavolo e poi decidere cosa fare».
A Valencia, dove tra il 29 novembre e il 2 dicembre si sono svolti i test ufficiali che anticipano la stagione numero 8 (primo ePrix in Arabia Saudita il 28 gennaio), aveva un'agenda fitta di impegni. Non solo con ingegneri e meccanici pur avendo percorso 147 giri in appena due giorni (12 ore in pista per un totale di circa 500 chilometri al volante), saltando la maratona finale per via degli impegni nel penultimo Gran Premio di F1, chiuso in nona posizione. Ingaggiato dalla Dragon Penke Motorsport, Giovinazzi ha ammesso che «non è facile restare senza volante in novembre». Per il 28enne pilota pugliese la competizione a zero emissioni «è stata come cambiare completamente lavoro».
Un pensiero a Le Mans.
«È un progetto che sicuramente mi piace e che mi interessa, ma bisogna vedere. Magari fare qualche test per capire le disponibilità: fatto con Ferrari è un campionato sicuramente interessante».
Come sei stato accolto in Formula E?
«Quando hanno annunciato il mio ingaggio, mi hanno scritto quasi tutti qui dentro per darmi il benvenuto: ci conosciamo dai tempi del go-kart».
Qualcuno ti ha già dato suggerimenti?
«Dal Messico non sono ancora tornato a casa e non ho avuto un giorno libero. Da Costa (già campione del mondo di FE, ndr) e Evans (pilota della Jaguar, ndr) mi avevano avvertito: “È un'altra categoria, se verrai da noi sarà difficile”. Nemmeno qui ho avuto il tempo di chiedere qualche trucchetto».
Con quali aspettative parti?
«Senza aspettative. Non voglio arrivare qui e dire che voglio vincere il mondiale, ma nemmeno che arriverò ultimo. Di sicuro il primo impatto è stato molto difficile. Voglio godermi la stagione e se saremo competitivi, benissimo. Se, invece saremo dietro, ci concentreremo su come migliorare».
Hai fatto due giorni di test e salterai il terzo.
«Ho fatto anche meno di chilometri di quelli che volevo: lunedì c'è stata la simulazione della qualifica e martedì quella della gara e poi un'ora fermi per una bandiera rossa. Andrò in Arabia Saudita senza moltissima esperienza e non è come ci sarei voluto andare. Approfitterò di dicembre e gennaio per esercitarmi al simulatore e farmi trovare il più pronto possibile».
Hai detto che guidare in Formula E è come cambiare lavoro.
«Come stile di guida, questa macchina è completamente diversa da quelle che ho avuto finora in Gp2, F3, F4 e F1, naturalmente. Ho dovuto accumulare dati completamente nuovi per cercare automatismi che non avevo. Dopo il primo giorno mi sono sentito un po' perso. Ci ho dormito sopra, ho visto i dati con gli ingegneri e cosa potevo fare. Lunedì ho faticato molto di più, martedì è andata meglio:».
Le differenze principali?
«La frenata, ma anche la velocità con la quale ci arrivi. Guidare per tre anni F1 è stato bellissimo, ma ti abitui a macchina con tanta deportanza. In Formula E arrivi più lento e devo frenare prima: sono riferimenti diversi rispetto a quelli che ho in F1. E il powersteering non c'è: lo sterzo è più pesante».
E poi c'è il recupero dell'energia...
«Il giro secco è una cosa, ma il passo gara è un'altra storia. Qui ho fatto simulazioni per due giorni in pista. Devi risparmiare energia con le leve e con il freno e capire quale renda di più, tutte cose che non avevo mai fatto prima».
L'obiettivo minimo?
«Non lo so. Nei prossimi mesi lavoro su questo programma. Facciamo che ne riparliamo dopo la prima gara: dopo ti dirò quali sono gli obiettivi effettivi».
Il futuro del motorsport è elettrico?
«Difficile dirlo. Andiamo verso il green e l'ambiente è importante. Se fra dieci anni perderà di rilevanza o sarà ancora importante non te lo so dire. Di sicuro la direzione è quella».