Max Verstappen si congratula con la Honda sul podio austriaco

Honda torna al successo in F1. Dallo Spielberg una spinta per tornare ai fasti del passato

di Massimo Costa
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ROMA - La vittoria ottenuta da Max Verstappen nel Gran Premio di Austria di domenica scorsa, non ha sancito soltanto, e una volta di più, la conferma del talento enorme del pilota olandese o la buona vena della Red Bull RB15 che sta cercando di uscire dal ruolo di terzo incomodo che la attanaglia dal 2015. La gara di Spielberg passerà alla storia per avere riportato al successo un marchio famoso e amato nel mondo, quello della Honda. Che se in MotoGP fa il bello e cattivo tempo, in F.1 ha patito le pene dell’inferno per arrivare a questa agognata vittoria. Il costruttore giapponese ha sempre avuto un forte legame con il Mondiale, ma la sua presenza non è mai stata continua.

Il suo momento di maggiore gloria, la Honda lo ha vissuto nel periodo 1985-1991 quando si era legata prima alla Williams vincendo il mondiale 1987 con Nelson Piquet, poi con la McLaren dominando con Ayrton Senna e Alain Prost le stagioni 1988 e 1989, poi ancora con Senna nel 1990 e 1991. La Honda è rimasta legata alla F.1 in seguito, ma col marchio Mugen, fornendo team di centro gruppo e raccogliendo importanti risultati con la Jordan. Poi, il ritorno col nome Honda non solo nel ruolo di motorista, ma come team completo, tra il 2006 e il 2008, con un successo raccolto da Jenson Button. Soltanto tre stagioni e un altro ritiro fino al 2015, col rientro nell’era turbo ibrida. Una sofferenza pazzesca però, perché la Honda si è trovata in netto ritardo rispetto a Mercedes, Ferrari e Renault che avevano già un anno di esperienza.

La Honda si è legata nuovamente alla McLaren, ma è stato un disastro. Prima per l’uscita di scena dello storico team principal Ron Dennis che gestiva al meglio il team, poi per le continue rotture del motore e una potenza limitata che fecero infuriare in più di una occasione Fernando Alonso, il pilota principe della squadra. E così, le annate 2015 e 2016 sono state terribili, un po’ meglio è andata nel 2017. La McLaren intanto, aveva cambiato padrone, passando nelle mani dell’americano Zak Brown, mentre in Honda cadevano teste in continuazione tra i responsabili del progetto. Alla fine del 2017, è arrivata tra mille polemiche la rottura anticipata tra la McLaren e la Honda. Il team inglese è passato ai motori Renault, la Honda si è accordata con il gruppo Red Bull rifornendo nel 2017 la sola Toro Rosso in quanto la squadra principale aveva ancora un contratto in essere con la Renault. Con la Toro Rosso, la cui sede è in Italia (a Faenza) le prestazioni sono via via migliorate e nel contempo, la Honda poteva usufruire del reparto tecnologico Red Bull a Milton Keynes.

La McLaren nel frattempo, pur con la power unit Renault, arrancava come quando aveva i motori Honda: prima o poi tutti i nodi vengono al pettine. Le colpe non erano tutte dei tecnici giapponesi, ma anche della squadra di Brown che non aveva mai progettato una vettura competitiva e soprattutto le relazioni con gli uomini Honda erano pessime dal punto di vista umano. Tutto diverso con la gente della Red Bull. Lo scorso inverno, il motore giapponese ha compiuto ulteriori evoluzioni e finalmente, al quinto anno, l’affidabilità è ormai un punto fermo dell’accoppiata Red Bull-Honda tanto che Verstappen su nove gare disputate ha sempre visto l’arrivo e per di più tra i primi cinque. Un bel salto in avanti per la Honda, culminato con il clamoroso ritorno alla vittoria in Austria. Serviva pazienza, cosa che la McLaren e Alonso non ebbero… Vedremo ora se la Red Bull-Honda riuscirà a dare nuovamente fastidio a Mercedes e Ferrari nel corso della stagione, di sicuro per il 2020 saranno rivali da tenere in considerazione per la conquista del mondiale.

 

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Giovedì 4 Luglio 2019 - Ultimo aggiornamento: 15:26 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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