DETROIT - L’immaginazione corre e può andare talmente veloce da arrivare fino al 2030 mostrando, con la forza della fantasia, come saranno le auto che correranno la 24 Ore di Le Mans tra 13 anni. Ci hanno provato ben 9.901 concorrenti che hanno raccolto l’appello del Michelin Design Challenge, la competizione organizzata dalla Michelin Nordamerica che dal 2002 pone ogni anno un soggetto da sviluppare. Per l’edizione del 2017 il tema era la definizione di un prototipo da schierare alla corsa automobilistica più famosa del mondo. È la prima volta che questo concorso dà spazio al design delle auto da competizione e la cosa è strana alquanto perché quando si va forte la bellezza non conta ed è solo la funzione a dettare legge.
Dire come potrebbero essere le auto da corsa del futuro non dovrebbe essere dunque facoltà del designer, ma dell’ingegnere. Eppure le variabili chiamate ad entrare in gioco nella mobilità nel corso dei prossimi anni sono talmente numerose, che anche chi ha la responsabilità di elaborare i regolamenti sportivi e creare un’efficace collaborazione tra le corse e la strada, ha bisogno dell’immaginazione dei designer per prendere decisioni importanti per il futuro.
E a pesarci bene, tutto questo non è un novità: il design è stato sempre la poesia dell’automobile, un linguaggio necessario alla prosa dell’ingegneria, per darle un’espressione e un orizzonte. C’è da dire che le corse di durata, ed in particolare la 24 Ore di Le Mans, si sono mostrate assai lungimiranti negli ultimi anni creando di nuovo attenzione e spettacolo attraverso un legame sempre più stretto tra le nuove tecnologie e le auto di serie. E i designer non hanno deluso ideando per il Challenge auto da corsa immaginifiche, ma non senza legami con i futuri possibili della mobilità e del divertimento.
A vincere è stata la Infiniti Le Mans 2030. Il suo ideatore, il cinese Tao Ni, l’ha immaginata come una sorta di catamarano con le ruote carenate, sottilissime e ancorate al telaio attraverso mozzi speciali ispirati alla struttura dell’atomo. In questo modo, le ruote possono inclinarsi in curva per contrastare meglio la forza centrifuga. La trazione è elettrica – elemento comune a tutti i progetti – e la batteria è al grafene, ultraleggera e posizionata nel fondo vettura per essere estratta e sostituita velocemente con un’altra carica. La visione comprende anche la guida autonoma, segnalata all’esterno da un modulo aerodinamico aggiuntivo posteriore che aumenta la deportanza.
Ha invece seguito le suggestioni degli anni ruggenti e dell’epopea dei “Bentley Boys” il portoghese Daniel Bacelar Pereira. La sua Bentley 9 riproduce la calandra della 3 Litre Sport che diede alla casa inglese la prima delle 6 vittorie a Le Mans (1924, ‘27, ’28, ’29, ’30 e 2003), ma è un concentrato di idee futuribili, a cominciare dalle ruote battezzate Battery Slick: senz’aria e che ospitano al loro interno le batterie. In questo modo il rifornimento e la sostituzione degli pneumatici diventano un’unica operazione per i meccanici ai box. Il pilota è racchiuso nel corpo centrale, come in un bozzolo, all’interno del cockpit a realtà virtuale, circondato da schermi a realtà aumentata.
Ma se pensate che questo sia il massimo della fantasia, dovete vedere la Bamboo Recumbent Cierzo C1 del canadese Kurt Skanlan che per la livrea si è ispirato alle Porsche degli anni ’70 e alle Lancia Martini degli anni ’80 mentre nella forma ha preso esempio da un’aragosta. La sua Cierzo – un vento che tira al Nord della Spagna – ha due enormi chele aerodinamiche che, piegandosi a destra e a sinistra, sterzano la vettura come se fossero due timoni. Il loro movimento non è impresso da parte meccaniche, ma da uno speciale materiale polimerico elettroattivo, capace cioè di cambiare forma al passaggio di una corrente elettrica.
Un tocco di spettacolo sono i cerchi luminosi sulle carenature in corrispondenza delle ruote: diventano blu in accelerazione e rossi in frenata permettendo al pubblico di capire quello che il pilota sta facendo con il suo piede destro, in particolare di notte. È la magia della 24 Ore di Le Mans, l’immaginazione sublimata in sogno durante la notte e, che dopo averla attraversata, vuole vedere le luci del giorno e la bandiera a scacchi sventolare.