LE MANS - Come ogni anno dal 1923, domani e dopodomani, una cittadina del centro della Francia vivrà un week-end al ritmo della gara di endurance più difficile al mondo. Vedere per credere: nel giro di pochi giorni, Le Mans, piccolo angolo normalmente tranquillo della campagna francese, accoglie decine di migliaia di appassionati, provenienti da tutti i continenti, che si accampano intorno alla pista, sotto l’occhio benevolo della popolazione locale, preparandosi a trascorrere 24 ore al suono dei motori e delle prodezze in pista.
Per me, la 24 ore di Le Mans è particolarmente importante: è legata a tante emozioni, personali e sportive, che ho vissuto nel corso della mia vita. Quando ero più giovane, per esempio, per me era emozionante osservare la competizione tra Ford e Ferrari, quando il gigante americano veniva a sfidare la vecchia Europa con le scintillanti MK IV e GT40. Più tardi, nel 1992 e nel 1993, quando abbiamo vinto la gara con Peugeot e la 905, la 24 Ore di Le Mans ha chiuso un capitolo importante della mia carriera, poiché è stata la mia ultima vittoria con il costruttore francese, prima che accettassi la sfida della Ferrari.
Ho dovuto attendere di aprire l’attuale capitolo della mia vita, quello di Presidente della FIA, per riallacciare i rapporti con la 24 Ore di Le Mans e l’endurance. La storia della disciplina, dalla fine degli anni ’90, è stata movimentata. Non esisteva più il Campionato del Mondo sport-prototipi e i costruttori erano sempre meno coinvolti. Quando sono arrivato alla FIA, nel 2009, ho dovuto constatare come fosse assolutamente necessario ridare all’endurance il posto che ritengo gli spettasse, creando un Campionato del Mondo degno di questo nome.
Per questo, mi sono subito rivolto all’Automobile Club de l’Ouest (ACO), che organizza la 24 Ore di Le Mans, per riflettere su questo progetto. Fin dall’inizio del 2010, prima con Jean-Claude Plassart, poi con Pierre Fillon, ci siamo messi al lavoro. Abbiamo rapidamente delineato a grandi linee ciò che sarebbe diventato il WEC: un campionato orientato all’innovazione tecnologica attraverso l’ibridizzazione, costruito passo dopo passo, istituendo un dialogo tra l’ACO, la FIA e i tutti i concorrenti coinvolti. Abbiamo innanzitutto istituito un solido sistema di governance, creando la Commissione Endurance della FIA, presieduta da Lindsay Owen-Jones, uomo di esperienza sia sul piano professionale sia sportivo.
Attorno a lui si sono riuniti tutti gli attori coinvolti nella creazione del WEC. Questa Commissione ha consentito di rafforzare in breve tempo il dialogo tra la FIA e l’ACO da un lato (rapporto che in passato si era caratterizzato per essere stato conflittuale) e tra la FIA e i costruttori dall’altro. Dopo diversi mesi di lavoro, hanno iniziato a delinearsi le prime misure fondamentali, in particolare la “Equivalence of Technology”, che garantisce l’equità sportiva, lasciando al contempo ai costruttori una grande libertà per tutte le altre scelte tecniche.
Abbiamo anche prestato particolare attenzione ai concorrenti privati, che non dispongono dei mezzi dei costruttori, ma che mantengono in vita la disciplina, sia nelle categorie dei prototipi che del gran turismo.
Quando, nel marzo 2012, ha preso il via la manche inaugurale del WEC, a Sebring, avevamo chiaramente una serie di dubbi. La formula tecnica che avevamo stabilito avrebbe funzionato? I concorrenti avrebbero potuto affrontarsi ad armi pari per tutta la stagione?
Ebbene tre anni dopo, possiamo constatare che il campionato è cambiato in modo molto positivo. Abbiamo una grande varietà in ogni categoria e i costruttori sono sempre più coinvolti. Nella categoria LMP1 (la categoria superiore), dopo il ritorno storico di Porsche lo scorso anno, al fianco di Audi e Toyota, Nissan è entrata nella categoria con una vettura dal design innovativo.
Per quanto riguarda la categoria GT, continuano a essere presenti i marchi più prestigiosi, con Ferrari, Porsche, Aston Martin e Corvette, che sono coinvolti in tutto il campionato. Ed è soprattutto la tecnologia a continuare a fare passi in avanti, a conferma che abbiamo fatto bene a scegliere l'innovazione come linea guida per lo sviluppo del WEC. Ciascuno dei quattro costruttori della categoria LMP1 ricorre a un’architettura motore diversa, diesel e benzina, nonché a sistemi di recupero energetico dal funzionamento differente.
Questa varietà non è solo apprezzata dagli spettatori, ma serve anche come laboratorio di sviluppo per le automobili di tutti noi. Questi successi, visibili a tutti, non ci permettono comunque di dormire sugli allori. Sia alla FIA sia all’ACO, dobbiamo restare vigili e continuare a lavorare per garantire lo spettacolo in pista e l’equità tra i concorrenti, facendo attenzione a non essere sopraffatti dall’incredibile capacità di ricerca e sviluppo di cui dispongono i grandi costruttori.
Anche la questione dei costi è cruciale: non dobbiamo dimenticare che, in passato, l’aumento dei budget ha arrecato danno all’endurance. È per questo che, per il momento, manteniamo un calendario con un numero limitato di manche, semplifichiamo le regole delle categorie GT e cerchiamo, entro il 2017, di riformare la categoria LMP2 (prototipi meno potenti e meno costosi della LMP1).
Infine, vorrei porre l’accento sugli enormi progressi compiuti in materia di sicurezza, sia a livello delle vetture che dei circuiti del Campionato, in particolare quello di Le Mans. L’automobilismo è uno sport rischioso per sua natura ma, grazie al lavoro e alla buona volontà di tutti, organizzatori e concorrenti, possiamo ridurre i rischi pur vedendo aumentare le prestazioni delle vetture.
V’invito ad assistere di persona al magnifico spettacolo offerto dal WEC. La 24 Ore di Le Mans rappresenta una vetrina delle prodezze di ingegneri ed equipaggi. Lo scorso anno, oltre 260.000 persone hanno scelto di vivere la magia della gara più popolare al mondo. Speriamo che quest’anno il pubblico sarà ancora più numeroso. Per quanto mi riguarda, io sarò lì dal sabato e sono sicuro che assisterò a scontri mozzafiato in pista.