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Dopo il budget cap ecco che si parla di salary cap. La Formula 1 vuole risparmiare, gli anni delle spese infinite e folli sono finiti. Se con il budget cap si è raggiunto l'accordo tra tutte le squadre di non superare il tetto dei 145 milioni di euro a stagione, con il salary cap vi è l'intenzione di trovare un compromesso per frenare gli "stipendi" dei piloti e dei team principal più rinomati. "Verrà creato un gruppo di lavoro per discutere il tema dei contratti di piloti e dirigenti di riferimento delle scuderie", ha confermato la FIA, "sul tavolo sono stati messi vari punti per il controllo dei costi e su come questo traguardo generale possa essere raggiunto nei prossimi anni". L'idea è quella di aprire un dialogo con quelli che sono i protagonisti dello spettacolo F1, i piloti. Lewis Hamilton, per fare un esempio, ha strappato un contratto di un anno con la Mercedes di 45 milioni di euro e se rapportato al budget cap, si può capire come tale investimento abbia un peso considerevole per le casse della squadra: il 38 per cento del totale.
Gira la proposta di fermare a un massimo di 30 milioni di dollari, per squadra, la somma totale per i due piloti. Di certo, con gli attuali stipendi che girano nel paddock, questo limite non sarebbe rispettato da Mercedes e Red Bull (Max Verstappen ha un contratto di 24 milioni di dollari) mentre la Ferrari, lasciato libero il top driver Sebastian Vettel, con Charles Leclerc e Carlos Sainz rientrerebbe in tale prospetto economico. Franz Tost, team principal AlphaTauri, a novembre si era espresso chiaramente: "I piloti guadagnano troppi soldi. Dovrebbero essere felici di fare questo lavoro". In risposta, proprio Hamilton aveva ribadito il valore aggiunto che le star della griglia danno all'intero prodotto: "La loro fama aiuta lo sport a crescere nel mondo. Ci sono i salary cap nel football americano, forse nel basket, ma lì i giocatori possono gestire la propria immagine in numerosi aspetti per sfruttarla al massimo. In F1, invece, l'immagine dei piloti è molto controllata". Andrebbe aggiunto che in F1, nel motorsport in generale, i piloti rischiano la vita, un bene che ovviamente non ha prezzo. Vedremo come si evolverà tale vicenda.
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