Max Verstappen festeggia il Mondiale sul podio con il suo team principal Christian Horner

La favola di Max Verstappen: il bambino prodigio è diventato Campione

di Giorgio Ursicino
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Il bimbo prodigio è diventato grande. Immenso. Max Verstappen, ragazzo olandese di 24 anni, è Campione del Mondo di F1. A consegnargli la corona nel dolce pomeriggio di Abu Dhabi, dopo il più appassionante duello della velocità, il miglior pilota di sempre. Il Re Nero, sovrano incontrastato degli ultimi 4 anni dall’alto della sua Stella. Se il ferrarista e coetaneo Leclerc è un predestinato, molto di più lo è il giovane tulipano, autentico “enfant prodige” nato col casco in testa. Il fenomeno fu ingaggiato dalla Toro Rosso, proveniente dal fiorente vivaio Red Bull, nel 2014 e divenne pilota titolare l’anno successivo quando, da minorenne, non aveva ancora la patente. Il baby volante stabilì tutti i record di precocità. Nato il 30 settembre 1997 ad Hasselt nei Paesi Bassi, è stato il più giovane esordiente in F1. Il 15 marzo 2015 era in pista all’Albert Park di Melbourne, gara che segnò la trentaquattresima vittoria del già glorioso Hamilton. Due settimane dopo, il 29, sulla pista di Sepang, a Kuala Lumpur in Malesia, un altro primato di gioventù: con il settimo posto al traguardo l’irriverente Max diventava il più sbarbatello a conquistare punti.

Ma il suo fiore all’occhiello arriva l’anno successivo. Helmut Marko, ex pilota austriaco e guru dei driver dei bibitari, lo lanciò a stagione in corso dai Tori di Faenza direttamente in Red Bull (fu scambiato con Daniil Kvjat) alla spasmodica ricerca di un erede alla sfilza di successi di Sebastian Vettel. Il figlio d’arte affianca il quotato australiano, nonché prima guida del team, Daniel Ricciardo. Verstappen all’esordio non fece una piega. Si comportò come quando correva in kart. Abbassò la visiera e spinse il pedale al massimo, domando l’abbondante cavalleria con “nonchalance”. Aveva solo 18 anni, 7 mesi e 15 giorni e divenne il più “piccolo” a vincere un GP anche se era alto più di un metro e ottanta. Come successore di Seb non sembrò affatto male visto che tolse il primato di gioventù proprio al tedesco. Un trionfo, per quanto prestigioso, può avere molte mamme.

Con la macchina giusta un GP a 18 anni l’avrebbero vinto forse anche altri, specialmente la generazione di talenti che è attualmente nel paddock: da Charles a Russel, da Gasly a Norris. La cosa che lasciò gli addetti ai lavori con gli occhi sgranati fu il modo. Ringraziò Hamilton e Rosberg, che ammucchiarono le loro Mercedes in un abbraccio fratricida, e scappò via dalla quarta posizione della griglia. Nel finale, come un ombra, piombò sui suoi scarichi un cacciatore famelico: l’ex campione del mondo finlandese con la sua Ferrari. Raikkonen era tosto e sa sfruttare gli pneumatici come pochi. Sarà battaglia con il nuovo che avanza. Niente affatto. Max ha impiegato niente per intuire che la Rossa non era più veloce della sua Red Bull e non ha più guardato gli specchietti. Passò sotto la bandiera a scacchi senza allontanarsi mai dalla traiettoria ideale. Anche sul podio sembrava un “habitué”: «Facile, come in F4...». La freddezza innaturale del pilota bionico. Nessun sorriso tradiva il suo sguardo di ghiaccio diventato famoso nel Circus.

Verstappen è dotato di un talento mostruoso e lo usa sempre tutto, è il suo stile, il suo modo di vivere. Incredibilmente non ha alti e bassi. Come i sublimi colpi di reni del rivale inglese che però, ogni tanto, ha bisogno di rifiatare. Max spreme sempre la monoposto, anche se col tempo ha leggermente ammorbidito la sua guida rabbiosa, rispetta istintivamente la vettura e, soprattutto, le gomme. Anche le regole le interpreta a modo suo, sempre con un personale rispetto: tutti devono sapere che l’olandese non alza mai il piede. Su questo aspetto anche l’Imperatore, il padrone britannico della moderna F1, non sa bene come prenderlo e si avvicina, più che con rispetto, con cautela. “Sperando” nei commissari. Questo stile di guida, agli esordi, ha creato diversi problemi a Max e pure molte critiche. Verstappen, però, non è mai stato uno sfasciacarrozze, ha sempre corso con la testa e quando scavalca il limite lo fa sempre con gelida razionalità.

Analizzando i suoi crash iniziali, si nota che raramente è colpa sua. Max, oltre che il papà naturale, l’ex pilota di F1 e compagno di squadra Jos (che lo ha plasmato al motorsport quando era in fasce) ha tanti padri putativi folgorati dal suo smisurato talento. Marko, il duro mangia piloti. Adrian Newey, il progettista sublime. Christian Horner, il team manager duro come un macigno che gli somiglia. E poi, il più defilato Dietrich Mateschitz, il signor Red Bull che gli ha messo ai piedi l’intera Scuderia. Con Chris, ormai, si è creato un sodalizio di ferro, come quello fra Lewis e Toto Wolff. La mamma è Sophie Kumpen, una signora belga (Max ha il doppio passaporto), anche lei pilota e facente parte di una dinasty di driver. Finora ha vinto 20 GP, conquistato 12 pole position ed arrivato anche 2 volte terzo nel Mondiale (2019 e 2020). Adesso ha voltato pagina e vuole riscrivere la storia come ha fatto Lewis che nel 2022, però, vorrà la rivincita.

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Giovedì 16 Dicembre 2021 - Ultimo aggiornamento: 17-12-2021 16:24 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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