Un'immagine della scorsa edizione del Versilia Yachting Rendez Vouz

Nautica, i numeri della ripresa: produzione +13%, fatturato +19%. Yacht alla conquista del mondo, in Italia boom fino a 10 mt

di Sergio Troise
  • condividi l'articolo

LA SPEZIA - La nautica italiana è in ripresa e i nostri cantieri continuano a recitare un ruolo da leader sulla scena internazionale; la crisi post-2008 è ormai alle spalle e il movimento è in piena salute su tutti i fronti: produzione, export, mercato domestico, leasing. Il fatturato 2017, con un +19% registrato a fine anno, ha confermato il trend positivo avviatosi nel 2014, così come il valore della produzione cantieristica, che non può essere ancora paragonato a quello del 2008 pre-crisi globale, quando era attestato attorno ai 3,5 miliardi di euro, ma dal 2013 è in costante incremento e nel 2017 ha toccato quota 2,3 miliardi (+13%).

E’ questo lo scenario emerso dallo studio presentato l’8 marzo a La Spezia dall’ingegnere Lorenzo Pollicardo, Segretario Generale di Nautica Italiana, uno dei massimi esperti del settore. Il quale ha definito il 2017 come «l’anno della svolta anche per la nostra nautica», sottolineando come «alla forza ormai consolidata delle nostre imprese sui mercati internazionali si è finalmente affiancato un mercato interno in netta ripresa. L’industria dei servizi rivolti ai grandi yacht – ha aggiunto Pollicardo - è in particolare uno degli ambiti più promettenti per il Paese, che si sta rivelando un autentico polo di eccellenza capace di cogliere preziose opportunità di ricaduta economica lungo le nostre coste».

Dallo studio illustrato nella sede del Circolo Ufficiali della Marina Militare è emerso un quadro molto dettagliato del parco nautico italiano. Che risulta composto per larghissima parte (92%) da natanti, ovvero da barche di dimensioni non superiori a 10 metri. Su un totale di 580.000 barche censite, dunque, 534.000 sono piccole unità; 22.500 misurano tra 10 e 12 metri; 20.200 tra 12 e 18 metri; 3.400 tra 18 e 24; 240 oltre i 24 metri.

In calo le immatricolazioni: si è passati infatti dalle 106.332 del 2011 alle 101.055 del 2016 (ultimo dato disponibile). E in calo anche il numero di patenti nautiche rilasciate per la prima volta in Italia: si è passati dalle 17.318 del 2010 alle 11.314 del 2016. E’ invece in crescita la flotta immatricolata della vela (25% del parco nautico italiano), che nel 2016 ha fatto registrate un aumento sensibile, con una quota del 45%.

Anche se i nostri mari sono popolati in gran parte da piccole imbarcazioni, lo studio illustrato a La Spezia ha certificato una volta di più lo straordinario ruolo dei nostri cantieri nella produzione di grandi yacht (per oltre il 90% destinati all’export): in una ideale classifica All Time ne abbiamo prodotti 1.588, per una lunghezza media di 39 metri, mentre a tutt’oggi sono in costruzione 175 unità di lunghezza attorno ai 45 metri. Ciò vuol dire che il 31,6% della flotta mondiale è made in Italy, e che la quota dei nostri prodotti sale al 41,3% se si considerano gli yacht in costruzione. Se non bastasse, è in evoluzione anche la flotta degli yacht oltre i 30 metri: erano 1999 nel 2000, ne sono stati censiti oltre 5000 a fine 2017.

Il ruolo del made in Italy si conferma dunque di estrema rilevanza sul mercato nautico globale, che negli ultimi anni ha registrato una crescita costante. In proposito è stato ricordato, nella conferenza di La Spezia, che nel 2017 la vendita di imbarcazioni ha raggiunto, su scala globale, un valore di 22,9 miliardi di euro, contro i 20,6 miliardi del 2016, i 19 del 2015, i 17 del 2014. Anche in questo caso non siamo ancora ai livelli pre crisi (25 miliardi di euro), ma il trend è positivo e l’Italia recita un ruolo fondamentale, sia pure alle spalle degli USA. Siamo messi bene anche nel difficile comparto dei giga yacht (barche oltre i 30 metri), che risulta stabile per ordini, costruzioni e consegne.

Ma in quali mari navigano queste flotte riservate a grandi gruppi finanziari, specialisti del charter di lusso e armatori-paperoni (sceicchi, emiri, magnati americani, cinesi ed europei)? Lo studio illustrato dal segretario di Nautica Italiana ha evidenziato come il Mediterraneo sia la meta privilegiata di queste imbarcazioni, con una permanenza estiva del 70%, e invernale del 56%. Ciò vuol dire che i mari italiani e le nostre coste, a tutti gli effetti tra i più attraenti del Mediterraneo, hanno potuto registrare un movimento costante, con numeri oscillanti tra un minimo di 5.700 arrivi e un massimo di 7.450 tra il 2008 e il 2016, e una stima di 8.200 per il 2018.

«Un vantaggio considerevole per la nostra economia» ha detto il relatore, illustrando il valore in euro della presenza di un grande yacht in porto per una settimana. Per una barca da 24 a 30 metri – è stato calcolato – si va da una spesa di 10.000 euro circa (con ospiti a bordo) a 1.000 circa (senza ospiti); per barche da 30 a 40 metri, da 19.000 a 4.000; da 40 a 50 metri, da 30.000 a 4.000; da 50 a 60 metri, da 50.000 a 10.000; da 60 a 70 metri, da 90.000 a 25.000; da 70 a 80 metri, da 120.000 a 34.000; da 80 a 90 metri, da 125.000 a 50.000.

Inutile dire che una corretta distribuzione del turismo nautico e delle attività legate a refit e repair potrebbe portare vantaggi enormi a larghe fette di territorio del nostro Paese. E invece la conferenza di La Spezia ha messo in evidenza le forti disparità esistenti, con Liguria e Toscana nettamente in vantaggio sul resto d’Italia. Lo studio ha evidenziato, in verità, anche la buona reputazione di territori come il distretto nautico di Ancona (Marche) e di Messina (Sicilia), mentre rimane indietro, nonostante qualche singola eccellenza, un territorio dal potenziale straordinario come la Campania.

La conferenza sullo stato dell’arte della nautica ha posto l’attenzione, infine, anche sui saloni nautici, indicando come modello virtuoso il sistema francese/monegasco, che punta su quattro eventi integrati, ovvero Cannes, Montecarlo, La Rochelle e Parigi, distribuiti tra maggio (i primi due), inizio ottobre e dicembre. In Italia, dopo aver concentrato per 55 anni il massimo degli sforzi esclusivamente su Genova, dal 2017 è nato il Versilia Yachting Rendez-vous, evento organizzato da Fiera Milano in collaborazione con Nautica Italiana, associazione d’imprese che vede in prima linea i colossi del settore (Azimut-Benetti, Baglietto, Ferretti Group), ovvero quelli con il maggior fatturato e l’appeal più forte sulla scena internazionale.

Nella conferenza di La Spezia è stato sostenuto dunque che “puntare anche in Italia su quattro eventi diversi, non in concorrenza tra loro, può giovare all’intero settore”. In proposito sono stati citati i saloni nautici di Genova, Napoli (Nauticsud), Brindisi (Snim) e Viareggio (VYRV), ritenendoli “adeguati a un sistema fieristico integrato, in grado di valorizzare tutta la filiera nautica”. L’auspicio – aggiungiamo noi – è che i primi, timidi, e riservatissimi segnali di distensione che s’intravedono tra Ucina (Salone di Genova) e Nautica Italiana (Versilia Yachting Rendez-vous) approdino a qualcosa di concreto.

  • condividi l'articolo
Martedì 20 Marzo 2018 - Ultimo aggiornamento: 21-03-2018 10:09 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
COMMENTA LA NOTIZIA
1 di 1 commenti presenti
2018-03-20 15:06:52
articoli per i ricconi ....ma chi se li può permettere questi yought ..io a momenti nemmeno un gommone eppure lavoro da 20 anni come dipendente della PA ...i nostri stipendi servono solo per pagare tasse e bollette per far arricchire i soli noti impre-nnitori