
Santanchè: «Turismo nautico, Napoli deve crederci». Ma Autorità Portuale e operatori denunciano: «Bloccati da burocrazia e soprintendenza»
Un’altra occasione mancata. Un altro convegno fatto di parole, una “presa d’atto” dell’irrisolvibilità del problema che angustia il mondo della nautica da diporto in Campania, e in particolare a Napoli, città priva di un vero e proprio marina, moderno, attrezzato, efficiente, come sarebbe giusto per un territorio che può contare su un’attrattività turistica impareggiabile. E’ questa l’amara conclusione alla quale si è necessariamente giunti al termine del convegno svoltosi nell’ambito del 51mo Nauticsud, salone dedicato alla piccola e media nautica (la più diffusa nei nostri mari) in svolgimento alla Mostra d’Oltremare fino a domenica 16 febbraio.
Intitolato ottimisticamente “Il cambio di paradigma per la nautica diporto. Turismo nautico, risorse mare e cantieristica le realtà da far emergere”, negli auspici degli organizzatori di Afina (la Filiera Italiana della nautica) il convegno (moderato dal giornalista Antonino Pane, in rappresentanza del direttore de Il Mattino Roberto Napoletano) avrebbe dovuto dare un segnale di svolta sul tema della portualità turistica, che a Napoli rappresenta, com’è noto, un problema irrisolto da anni, aggravato dal dilagare dell’abusivismo, ovvero dall’allestimento di campi boe illegali, con relative denunce e sequestri, con corollario di polemiche su evasione fiscale e lavoro nero.
La ministra del Turismo Daniela Santanchè ha provato a tenere su il morale della platea (operatori del settore innanzitutto) dicendosi “orgogliosa di essere per la terza volta in tre anni a Napoli per parlare di turismo nautico” e manifestando “grande soddisfazione per la straordinaria crescita dei flussi turistici, come dimostrano anche i dati sul movimento dell’aeroporto di Capodichino, la crescita del Pil della Regione e dell’intero Sud”. Ma non ha potuto fare a meno, la ministra, di esprimere rammarico per il contesto in cui devono operare gli operatori del settore nautico. “In Italia – ha osservato – pare che nessuno sia consapevole del fatto che il nostro Paese è una penisola circondata dal mare e nessuno ha mai creduto nel valore di questa condizione. Ciò detto, non si deve mollare, facciamo in modo che l’anno prossimo non ci ritroviamo al Nauticsud per dire sempre le stesse cose. Insieme si va veloci, uniti si va lontano. La strada da seguire – ha aggiunto l’esponente di Governo – è la collaborazione tra esecutivo centrale e istituzioni del territorio, puntando sulle intese tra pubblico e privato”.
Se qualcuno si aspettava parole risolutive è rimasto inevitabilmente deluso. Al di là della condivisione del disagio e della comprensione di quanto sia necessario risolvere il problema, il convegno allestito nell’ambito del Nauticsud non è andato oltre. Né hanno potuto dare un contributo concreto le parole pronunciate dall’ammiraglio Pierpaolo Ribuffo, capo di Gabinetto del ministro per le Politiche del Mare Nello Musumeci, limitatosi a ricordare che è stato istituito un tavolo interministeriale e che c’è un “piano del mare” approvato dal Consiglio dei ministri. Con buona dose d’ottimismo l’ammiraglio ha concluso il suo intervento dicendosi “confidente per il futuro” e sbilanciandosi fino a sostenere che “sulle necessità del settore convinceremo tutti, anche i sovrintendenti”.
Già, i sovrintendenti. Sono loro, i rappresentanti della difesa del patrimonio paesaggistico, i principali avversari dell’ammodernamento delle strutture portuali esistenti e di nuovi insediamenti. Se ne è parlato una volta di più nel convegno svoltosi nell’ambito del Nauticsud, al quale hanno partecipato, con il presidente di Afina Gennaro Amato, anche il presidente dell’Autorità Portuale Andrea Annunziata, il manager della Luise & Sons Massimo Luise, il consigliere regionale Massimiliano Manfredi.
Per rinfrescare la memoria degli addetti ai lavori, gli organizzatori hanno trasmesso in video gli interventi datati 2024 del presidente della Regione Campania De Luca, del sindaco di Napoli Manfredi e del ministro Musumeci. Tutti riconoscevano la necessità di risolvere il problema della portualità turistica a Napoli e si dicevano, per le proprie competenze, pronti a darsi da fare per risolvere il problema.
Ma nulla s’è mosso. E il presidente di Afina, Amato, ha amaramente osservato che “a distanza di un anno purtroppo la situazione è immutata. Sembra che siamo giunti a un punto di non ritorno e a questo punto non sappiamo se vale la pena continuare a spingere o rinunciare. Il rischio reale – ha aggiunto l’imprenditore – è la chiusura dei cantieri. O costruiamo i porti turistici o si ferma la produzione. In una damigiana di dieci litri non entrano venti litri di acqua, e senza posti barca cominceranno chiusure e licenziamenti”.
Secondo la ministra Santanchè “è importante andare avanti puntando sulla collaborazione pubblico-privato (tesi a suo tempo sostenuta anche dal sindaco Manfredi), ma resta da capire che cosa mai debbano ancora fare i privati che hanno elaborato e avviato progetti fermi al palo da tempo, in attesa di “via libera” che non arrivano mai. Progetti – vale la pena ricordarlo – che in alcuni casi godono anche di copertura finanziaria sostenuta dalla BCC (Banca di Credito Cooperativo) rappresentata dal presidente Amedeo Manzo, banchiere molto vicino al comparto, dichiaratosi ancora una volta disponibile a sostenere iniziative mirate a risolvere il problema. “Noi ci siamo, vogliamo solo progetti concreti” ha detto Manzo a conclusione del convegno, rivolgendosi al presidente di Afina, Amato, e alla ministra Santanchè.
Delle difficoltà che permangono ha parlato una volta di più Massimo Luise, titolare della gestione, in regime di concessione demaniale, del principale molo del porto di Mergellina, nel cuore del lungomare napoletano: una struttura valida (non per niente la Luise & Sons è un’azienda con esperienza di quasi 200 anni e gestisce decine di strutture turistiche in Italia e all’estero) che tuttavia deve fare i conti con spazi limitati e condizioni di sicurezza non adeguate ai tempi, alle misure e alle tecnologie degli yacht di più recente generazione.
“La portualità turistica – ha tenuto a dire l’imprenditore nel corso del convegno – ha un impatto benefico sul territorio, ma noi operiamo con grande difficoltà, non riusciamo a creare sinergia tra le varie istituzioni, e pur avendo elaborato un progetto che porterebbe solo benefici al territorio e all’economia locale, non riusciamo a realizzarlo. A causa della burocrazia e dei no della Soprintendenza i nostri investimenti sono bloccati, siamo fermi alla difesa di un territorio vecchio e malandato, ci costringono a tutelare un presepe malandato, non perfetto e non efficiente, mentre avanzano e fanno affari con il turismo nautico paesi come la Francia, la Spagna, la Grecia, la Turchia, l’Albania, il Montenegro.”
Il progetto di cui parla Luise per l’ampliamento dell’antico porto di Mergellina comporterebbe, se realizzato, un aumento di circa 300 posti barca. Rappresenterebbe dunque un buon passo avanti. Ma non è questo l’unico progetto in attesa di approvazione. Come già ampiamente illustrato su questo sito è “in attesa del via libera” anche il projet financing presentato da un gruppo di imprenditori privati per l’area di mare compresa tra l’isolotto di Nisida e Coroglio, lungo il waterfront di Bagnoli. Se a ciò si aggiungono le ipotesi, più volte vagheggiate, su eventuali insediamenti nell’area Est o al Molosiglio, si avrà chiaro il quadro della totale incertezza che tuttora grava sulla questione.
Del modello Nisida ha parlato (in verità vagamente, senza citarlo direttamente) anche il consigliere regionale Massimiliano Manfredi (fratello del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi), sostenendo che “c’è la disponibilità dell’amministrazione comunale per un projet financing pubblico-privato”. Probabilmente si riferiva al progetto “Green port di Marina di Nisida”, tuttora avvolto nel mistero, di cui saprà probabilmente più di quanto ha detto. Mai presentato pubblicamente, questo progetto avanza con la massima discrezione tra i meandri della burocrazia, in attesa che i promotori dell’iniziativa (imprenditori privati) ricevano il via libera per la costruzione. Si prevedono comunque tempi lunghi. E forse anche per questo Manfredi ha preferito soffermarsi sui risultati già raggiunti in Campania in materia di balneabilità, ricordando i passi avanti compiuti con il disinquinamento del Sarno, la sistemazione degli impianti fognari e le bandiere blu in un territorio per anni inquinato come il litorale di Cellole che – ha detto – “rappresentano certezze di cui andare orgogliosi”.
L’incertezza permane invece, in tutta la sua gravità, in materia di portualità turistica, anche alla luce di quanto ha detto, nel corso del convegno, il presidente dell’Autorità portuale Andrea Annunziata, ricordando che “Napoli è l’unica città in cui noi gestiamo anche la portualità turistica, compito che dovrebbe spettare al Comune”. Polemicamente, il manager ha ricordato che “pur essendo stato approvato il nuovo piano regolatore portuale, restano tanti problemi irrisolti, in primis quelli del rapporto con la Soprintendenza, che ti dice no anche alla modifica di mezzo pontile. Per quanto ci riguarda tutto il lungomare di Napoli può essere sede di pontili per ormeggi, ma si ferma qui il nostro compito. Per il diporto non possiamo fare di più”.
Al convegno ha partecipato anche Egidio Filetto, componente del comitato scientifico della Commissione Economia del mare dell’Ordine dei commercialisti di Napoli, nonché partner di PriceWaterHouse (una rete multinazionale di imprese di servizi professionali, operativa in 158 Paesi). Un addetto ai lavori esperto e documentato che ha definito la nautica “un asset strategico per il Mezzogiorno e in particolare per la Campania, che occupa 30.000 addetti, facendo da capofila per regioni come Puglia e Sicilia, capaci di incidere per 12.000 e 11.000 posti di lavoro”. Secondo la sua relazione “esiste una linea guida da poter intraprendere per attuare una cancellazione della burocrazia che porterebbe, in maniera spedita, alla risoluzione di molti problemi per la realizzazione di nuove infrastrutture”.
Numeri e valutazioni importanti, certo, e utili per sostenere la tesi cara agli operatori del settore ostinatamente convinti di disporre di un potenziale inespresso, che una volta sprigionato darebbe credibilità e vigore a quel “cambio di paradigma per la nautica da diporto” che ha dato il titolo al loro deludente convegno.