
1000 Miglia 2025: il battito della passione di un’Italia che non smette mai di correre
BRESCIA – C’è qualcosa nella 1000 Miglia che va oltre il rombo dei motori, l’odore di benzina e di olio bruciato. Qualcosa che non si può misurare con i cronometri o racchiudere negli albi di storia. È la passione che accompagna ogni edizione della Freccia Rossa e, come per magia, si rinnova di anno in anno. Che sia vista attraverso il volante di un’auto d’epoca o ai bordi delle strade, il fascino che riesce a trasmettere la 1000 Miglia è qualcosa di unico e indescrivibile. Anche per questo è stata, giustamente, nominata la Corsa più bella del Mondo.
Oltre la nostalgia, la Freccia Rossa è in grado di far rivivere un’epoca pionieristica sulle strade più affascinanti del nord e del centro della nostra penisola. Le automobili, veri e propri gioielli a quattro ruote, hanno solcato l’Italia attraversando borghi addormentati, città storiche, valichi appenninici e piazze che hanno saputo trasformarsi in palcoscenici a cielo aperto gremiti di folle festanti al solo passare delle vetture. Dalle prime luci dell’alba fino a notte fonda, il pubblico ha accompagnato costantemente il rombo dei motori con la sua incontenibile gioia.
L’emozione si è accesa fin dal primo giorno, quando la partenza da Viale Venezia a Brescia ha scatenato l’entusiasmo di migliaia di spettatori accorsi per vedere da vicino i protagonisti della 43ª rievocazione storica della 1000 Miglia. Il percorso, ispirato alle gloriose edizioni anteguerra, ha tracciato un’otto tra Brescia e Roma, oltre a unire le sponde dell’Adriatico con quelle del Tirreno. Un itinerario che, pur volendo omaggiare la poesia e il fascino del passato, ha portato vetture ed equipaggi a sfidarsi sulle strade di tutti i giorni.
Il convoglio ha attraversato Ferrara nella luce dorata del tramonto, accarezzato le strade bianche della Val d’Orcia e si è arrampicato tra le curve dense di storia del Mugello. Poi, l’arrivo a Roma, dove le auto hanno sfilato acclamate dal pubblico tra i fori imperiali e piazza Venezia. Dalla Capitale, la corsa è ripartita all’alba, nella quiete irreale di una città che ancora dormiva, per proseguire verso Orvieto e Arezzo, attraversando la storia di San Marino, fino a salutare il mare a Cervia. Qui, il rombo dei motori ha incontrato la brezza salmastra dell’Adriatico, e le auto storiche si sono lasciate accarezzare dalla luce serale della riviera.
Tappe dure e massacranti che hanno visto alcune vetture fermarsi lungo le irte salite a causa delle elevate temperature estive. Il fascino e l’imprevedibilità della 1000 Miglia è anche questo. Così come il lavoro incessante, e poetico, dei meccanici costretti a riparare le auto fino a notte fonda per consentire agli equipaggi di riprendere la marcia nel giorno successivo. Magari proprio come è accaduto in vista della tappa più lunga dell’intera edizione, che ha portato la carovana dall’Adriatico verso il Tirreno per poi risalire verso Parma.
Un percorso di oltre 500 chilometri, che ha visto le vetture procedere da est verso ovest fino a Livorno, dove l’attraversamento dell’Accademia Navale ha offerto uno degli scorci più suggestivi di questa edizione. Per poi affrontare il mitico Passo della Cisa, ponte naturale tra Toscana e Emilia, ma anche sfida tecnica e scenografica. L’abbraccio di Parma è stato il compimento di un’impresa. Infine l’ultimo tratto che dalla provincia emiliana è risalito fino a Brescia dopo cinque duri e intensi giorni di gara. L’arrivo in Viale Venezia tra un’esplosione di colori e musica, fino alla sfilata di Piazza Vittoria. Oltre alla celebrazione dei vincitori, si è assistito all’arrivo dell’ultima macchina che ha chiuso, idealmente, l’edizione 2025.
Ma la 1000 Miglia è anche precisione, organizzazione e dedizione. Dietro ogni curva, dietro ogni auto che sfreccia o arranca, c’è un apparato imponente fatto di oltre 4.000 persone tra volontari, staff medico, tecnico, sportivo e logistico. È grazie a loro se ogni tappa si è svolta in sicurezza, se ogni ritardo è stato recuperato, se ogni imprevisto è diventato racconto. A fianco delle 430 auto storiche, costruite tra il 1927 e il 1957, hanno viaggiato le vetture del Ferrari Tribute, le silenziose protagoniste della 1000 Miglia Green e persino le auto con robo-driver del Politecnico di Milano.
E in mezzo a tutto questo, ci sono loro, i vincitori. Ancora una volta Andrea Vesco e Fabio Salvinelli hanno scritto il proprio nome nella leggenda, tagliando per primi il traguardo di Brescia a bordo della loro Alfa Romeo 6C 1750 SS. È la sesta vittoria consecutiva per l’equipaggio bresciano, una supremazia che ha il sapore delle gesta di un tempo, soprattutto perché conquistata contro avversari agguerriti come Daniel Andres Erejomovich e Gustavo Llanos, secondi su una 6C 1500 SS del 1929 dopo averli persino superati nella quarta giornata. Sul terzo gradino del podio salgono Juan Tonconogy e Barbara Ruffini, a bordo dell’Alfa Romeo 6C 1750 GS del 1931, a confermare l’egemonia del Biscione nella corsa che più di tutte ha costruito il mito dell’automobilismo italiano.
Nel Ferrari Tribute, il successo è andato alla F8 Spider condotta da Roland Hotz e Giordano Mozzi, mentre per la settima edizione della 1000 Miglia Green a vincere sono stati Mirco Magni e Federico Giavardi con la loro Polestar 4, a testimonianza di una gara che continua a evolversi, ad accogliere la sfida della sostenibilità e del futuro senza rinunciare al fascino della tradizione.
Ma la 1000 Miglia non è solo classifica. È sguardi, voci, mani agitate ai bordi delle strade. È bambini che si arrampicano sulle spalle dei genitori per vedere meglio, anziani che ricordano “quando c’era Nuvolari”, applausi spontanei nei borghi dimenticati. È un’Italia che si scopre comunità, che si ritrova attorno a un rito antico, condiviso, ripetuto con la stessa gioia ogni anno. Ogni curva diventa una cartolina, ogni tappa un album di emozioni da custodire gelosamente nella propria memoria.