Uno dei folli mezzi in gara alla Soapbox Race

A ruota libera. Il 24 giugno a Roma la “Soapbox Red Bull Race”, la folle gara di auto senza motore

di Nicola Desiderio
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ROMA - L’impero della follia. Così lo definisce chi ha creato questa idea e chi la porta avanti sin dall’anno 2000, quando tutto ebbe inizio a Bruxelles. Si chiama Soapbox Red Bull Race ed è l’incrocio tra una gara di carrette, dilettanti allo sbaraglio, il carnevale di Viareggio e il raduno di seguaci di Erasmo da Rotterdam pronti a sfrenare la propria fantasia lungo una discesa. L’impero da allora ha colpito più di 100 volte in tutto il mondo e colpirà quest’anno anche l’Italia toccando Roma il 24 giugno prossimo. Ma vediamo di spiegare meglio di che cosa si tratta. Anzi partiamo da cosa la Soapbox Red Bull Race non è. Non è una gara seria, anche se c’entra la velocità. È ad emissioni zero, ma non è la Formula E: quella ci sarà in aprile. Si corre, ma non servono i motori. C’è il cronometro, ma non sarà solo il tempo l’unico criterio che deciderà il vincitore. Insomma, non è una gara per sani di mente, anzi ve lo dicono subito: se non siete matti non vi prenderemo neppure in considerazione! E ora cerchiamo di spiegare che cosa è la Soapbox Red Bull Race.
 

Visto che abbiamo evocato “Guerre Stellari”, avete presente un Millenium Falcon con le ruote, grande come una minicar che, dopo che il sedicente Han Solo ha sparato colpi di pistola laser a destra e a manca, si lancia lungo una discesa di mezzo chilometro dove ci sono due varianti e altrettanti salti? Lo hanno fatto anche con un pianoforte (finto, ovviamente), una carrozzina, il Pacman, un panino, un tappeto volante, una cassa di dinamite, una cassetta per la frutta, l’auto di roccia de “Gli antenati”, una pannocchia di mais gigante, una banana, una nuvola, un’aiuola, una tavola imbandita e persino il Golden Gate Gate di San Francisco. C’è qualcuno che ha avuto pure l’ardire di presentarsi vestito da pontefice con tanto di papamobile, ma questo non gli ha evidentemente fatto guadagnare la benedizione del cielo perché si è ribaltato. Un segno evidente che qui l’acqua santa deve dare la precedenza al diabolico e l’apollineo deve dare strada al dionisiaco. Intendiamoci: il fine non è dissacrare, ma divertire nel modo più fantasioso e originale possibile.

Tre sono infatti i criteri che la giuria tiene in considerazione. Il primo è proprio la creatività. Avete in mente qualcosa di stravagante, che può essere recitato in costume con un siparietto e poi messo su 4 ruote affidandosi alla forza di gravità? Il primo criterio è soddisfatto. Il secondo è la capacità di intrattenere il pubblico. Oltre alla singolarità e alla bizzarria del mezzo, bisogna essere capaci anche di divertire e recitare la propria idea. Parlando il linguaggio del palcoscenico: meglio il teatro dell’assurdo che il kabuki. Anzi, visto il contesto, lo spirito e il nome, l’accostamento migliore è quello dello Speakers’ Corner di Hyde Park, a Londra, dove chiunque può dire la propria salendo su un palchetto improvvisato che – guarda caso – si chiama proprio “soapbox”, saponiera per chi non mastica l’inglese.

Parlando il linguaggio del computer: serve il software della propria personalità accanto all’hardware rappresentato dalla soapbox o carretta, sempre per chi non mastica l’inglese. Il terzo criterio è la velocità, ma se pensate di vincere fermando il cronometro prima di tutti, come si fa nelle gare normali, vi sbagliate di grosso: a chi impiega meno tempo per tagliare il traguardo, i giudici promettono al massimo un occhio di riguardo. Se volete fare una vera e propria “gravity race” la scelta è ampia: andate ad Akron, nello stato americano dell’Ohio, dove si corre il Derby dal 1934, in Inghilterra a Warlaby o in Scozia a Cairgorm dove si sfiorano i 120 km/h e c’è persino un’associazione dedicata, la Scottish Cartie Association.

Anche in Italia abbiamo la Federazione Italiana Cart’s e basta andare a Narni, in Umbria, per partecipare alla tradizionale Corsa delle Carrette, dove lo sfoggio di tecnologia e velocità si ispira chiaramente al mondo delle corse e dove certe bizzarrie da teatranti sarebbero relegate nell’ambito della psichiatria. Lì si parla di categorie e regolamenti, alla Red Bull Soapbox Race invece, oltre a poche prescrizioni sui veicoli, l’unica regola è quella di non avere alcuna regola. Il coraggio e la capacità di osare del resto fanno parte di Red Bull, ormai da anni impegnata non solo nelle categorie di eccellenza del motorsport (Formula 1, Moto GP,WRC e altri ancora), ma anche nelle discipline più estreme: dalla massacrante Dolomitenmann con i suoi “iron man” fino alla Red Bull Air Race e ai suoi acrobati dell’aria. Del resto una delle passioni di Dietrich Mateshitz, il magnate cofondatore della Red Bull, sono proprio gli aerei al punto che per racchiudere tutta la propria collezione ha bisogno di due hangar all’aeroporto di Salisburgo. Se questo non è amarli alla follia…
 

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Mercoledì 7 Marzo 2018 - Ultimo aggiornamento: 07:35 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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