Theory 1, la supersportiva elettrica secondo Lotus che coniuga prestazioni con sicurezza e sostenibilità
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L’auto sportiva secondo Lotus la Theory 1, concept che incarna la filosofia di Lotus fatta di valori antichi, come leggerezza e semplicità, e nuovi come elettrificazione e sostenibilità per fornire al pilota del futuro piacere di guida unito ad un’esperienza più ampia grazie alla concezione digitale del veicolo.
La Theory 1 è lunga 4,49 metri, alta 1 e14 e larga 2 metri con un passo di 2,65 metri. La Lotus non lo dice, ma la vettura della tradizione che sembra essere stata utilizzata come ispirazione è la Esprit, coupé due posti a motore centrale prodotta tra il 1976 e il 2004 resa celebre attraverso le sue apparizioni nei film di 007, il più famoso tra tutti è “La spia che mi amava” dove la Esprit, guidata da Roger Moore insieme a Barbara Bach, diventa un sottomarino dotato anche di lanciamissili.
Altrettanto britannica è l’idea dell’abitacolo con tre posti allineati e quello centrale dedicato al guidatore, così come già visto sulla McLaren F1. Il sistema di apertura, con le portiere che si sollevano verso l’alto, è dotato di portiere che permettono di limitare lo spostamento laterale così che 2,4 metri in larghezza sono sufficienti per entrare o per uscire comodamente. Le forme sono spigolose, ma l’aerodinamica è molto curata con parti attive come l’ala posteriore, il frontale sollevato che facilita il passaggio dell’aria nel fondoscocca e dalle pance laterali raggiungendo infine i passaggi ricavati in coda per aumentare l’efficienza.
In questo la Theory 1 trova ispirazione, oltre alle auto da corsa che appartengono al proprio passato, anche ad altre sportive stradali britanniche come l’Aston Martin Valkyrie. Davvero corsaiola è la soluzione di utilizzare i componenti della catena cinematica, che in questo caso sono la batteria e i motori elettrici, che sono portanti, ovvero utilizzati come elementi che partecipano attivamente alle funzioni strutturali del telaio che è basato su un elemento centrale a vasca. Anche l’ala posteriore e le sospensioni posteriori a puntone di spinta (pull rod) sono infulcrate sul gruppo propulsore senza l’interposizione di sottotelai.
Anche i bracci delle sospensioni, dotate di un sistema di regolazione attivo, sono studiate nella forma per contribuire alla creazione della deportanza aerodinamica. Tutto questo segue la filosofia, tipicamente inglese e corsaiola, che una parte in meno è una parte in meno che può rompersi e dunque privilegia la semplicità e la leggerezza. Anche i sedili sono ricavati dal telaio e il guidatore può intervenire solo sulla pedaliera e sul volante. A questo proposito, lo sterzo è del tipo by-wire, ovvero senza collegamento fisico tra il volante stesso e le ruote che sterzano grazie ad attuatori elettrici controllati da software.
Ed è proprio l’interazione immersiva tra pilota/utente e la macchina uno dei temi fondamentali di questa Lotus. I sedili e il volante utilizzano un tessuto “robotico” e un’imbottitura che permette al pilota di sentire la vettura in tempo reale creando supporti e vibrazioni aptiche in tempo reale al pilota per fornirgli non solo più piacere di guida, ma anche più sicurezza insieme ai sistemi di bordo che permettono di vedere quello che c’è intorno alla vettura in un raggio di 200 metri e la guida autonoma di livello 4, grazie a 4 Lidar a scomparsa, sei telecamere HD e radar di vario tipo coordinati da una centralina NVIDIA DRIVE.
Questo tipo di interazione, definita Lotuswear, riguarda anche altri fattori come i suoni, grazie ad un sistema audio binaurale che sfrutta diffusori annegati nei poggiatesta e nello schienale non solo per la musica, ma anche per sonorizzare velocità e potenza e cancellare i suoni nemici del comfort. Anche gli elementi visivi collaborano all’immersività con schermi OLED, fonti luminose Led o laser che proiettano informazioni sul parabrezza e aiutano a percepire meglio i pericoli. La grafica 3D inoltre è ispirata nelle forme e nei colori al movimento artistico Arte Programmata sviluppatosi a partire dall’Italia negli anni ’60.
Tutto questo nel segno della sostenibilità, applicata a 360 gradi. La parte centrale del telaio è infatti costruita in carbonio riciclato, la carrozzeria è in un composito di cellulosa e policarbonato e persino il cristallo che sormonta l’abitacolo è in vetro riciclato. I sedili sono in uno speciale lattice leggero stampato in 3D. Ci sono poi poliestere, poliuretano, smalti, gomma e alluminio riciclati insieme a titanio. La sfida è utilizzare solo 10 materiali per l’abitacolo in modo da renderne facile il recupero ulteriore. In definitiva: l’interpretazione moderna dell’ideale di semplicità e leggerezza predicato dal fondatore Colin Chapman.
Quanto invece alla parte meccanica ed elettrica, la Theory 1 è dotata di due motori, uno per assale, e trazione integrale per una potenza di circa mille cv e la batteria ha una capacità di 70 kWh per un’autonomia di circa 400 km. Pur non essendo leggerissima (meno di 1.600 kg), la 3 posti britannica sarebbe comunque in grado di bruciare lo 0-100 km/h in meno di 2,5 secondi e di raggiungere le fatidiche 200 miglia orarie (oltre 320 km/h). Gli pneumatici sono Pirelli P-Zero Elect, anteriori 265/35 R20 e posteriori 325/30 R21, e i freni firmati AP Racing con dischi 390 x 36 mm con pinze monoblocco forgiate a 6 pistoncini.
Esercizio di stile e tecnologico o anche anticipazione di un modello futuro? La Theory 1 potrebbe essere entrambe le cose. Per ora infatti in gamma ci sono la Eletre, la Emeya ed è in programma un altro suv di dimensioni più compatte rispetto alla Eletre conosciuto finora solo con il codice interno di Type 134. Discorso a parte merita la ipersportiva Evija con 4 motori e 2.000 cv che sarà prodotta in 130 esemplari a 2 milioni di sterline l’una. C’è dunque lo spazio per almeno una sportiva, ovviamente elettrica. La prima sarà la Type 135 prevista per il 2027 e basata sulla piattaforma LEVA con un prezzo intorno a 80-100mila euro, ma potrebbe esserci spazio per una sportiva più grande, potente e raffinata ispirata proprio alla Theory 1.