Lo Stelvio in versione Quadrifoglio sulle rampe del Jebel Jais

Stelvio d'Arabia. Sulle rampe del Jebel Jais, al volante della versione super sportiva del Suv Alfa Romeo

di Giorgio Ursicino
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DUBAI - Dopo il primo Suv della gloriosa storia Alfa Romeo, gli sport utility possono vantarsi di ospitare nel loro regno in continua espansione anche la griffe Quadrifoglio. In entrambi i casi c’è lo zampino di Stelvio, il gioiello made in Italy con cui il Biscione è sbarcato nel ricco e colorato pianeta dei veicoli “tuttoterreno”, quelli con le a ruote “alte”. Come è ormai chiaro da tempo, il marchio tricolore lo fa a modo suo, miscelando con incredibile efficacia il meglio dei due mondi.
 

Da una parte la tradizione sportiva senza pari dell’azienda milanese, dall’altra la versatilità e l’appeal tipici dei modelli che appartengono al segmento di mercato più in crescita in Italia, in Europa e nel mondo. Ora la magica formula si spinge ancora più in alto e tocca il suo picco con l’arrivo della versione Quadrifoglio, da sempre la più dinamica e performante di ogni modello Alfa Romeo. Con una personalità del genere, lo Stelvio più muscoloso ha esordito lasciando il segno, con un filmato e un tempo da brividi (7’51”7) entrambi messi in cassaforte sul vecchio circuito del Nurburgring, l’“inferno verde” di oltre 22 km nella foresta della Germania che è considerato all’unanimità il super master per tutti i veicoli a prestazioni elevate.

Un approccio simile è di solito riservato alle supercar e Stelvio Quadrifoglio ha l’ambizione di essere un vero supersuv, non solo il più grintoso e brillante della categoria, ma anche il più veloce in assoluto. E per velocità, appunto, non si intende quella massima, ma la media che si riesce a tenere su un tracciato tecnico e guidato come quello tedesco dove, oltre la potenza, devono necessariamente scendere in campo, la leggerezza e la tecnica, la distribuzione dei pesi e il baricentro, l’handling e la tenuta di strada, la precisione di guida e l’agilità, il tutto condito da un frenata poderosa che non conosce fatica. Per dare un’idea di cosa è capace di fare lo sport utility Quadrifoglio, Alfa Romeo ha organizzato una prova speciale, la scalata e la discesa del Jebel Jais, lo Stelvio d’Arabia, la vetta più alta degli Emirati, una montagna arida e sassosa che dal deserto guarda il Golfo Persico sfiorando i duemila metri di altitudine.

La valle che sovrasta è più ampia di quella nostra alpina, la strada più larga e “moderna”, il traffico quasi inesistente (l’ultimo tratto addirittura “riservato”), un terreno di caccia ideale per dare alla belva tricolore la possibilità di mettere in mostra tutte le proprie doti. Tornanti sì, ma anche curvoni ampi e velocissimi con allunghi rilevanti sui quali il poderoso V6 ha la possibilità di spingere Stelvio, con facilità e ripetutamente, oltre i 200 km/h che mettono poi a dura prova l’impianto frenante Brembo. Alfa è la “Meccanica delle Emozioni”, il suo fiore all’occhiello è il “Cuore Sportivo” e il 6 cilindri che tanto ha sorpreso sulla nuova Giulia impressiona ancora di più sullo Stelvio. Le diavolerie della moderna tecnologia ci sono tutte, alcune sono anche esclusive. Tutto in alluminio, compatto, realizzato mettendo insieme una coppia di 3 cilindri tanto che, quando non servono tutti i muscoli (cioè con grande frequenza), può funzionare ad una sola bancata con notevoli vantaggi per l’efficienza.
 

 

I consumi e le emissioni si riducono drasticamente, specialmente con il selettore DNA Pro in posizione “Advanced Efficiency”. Potrebbe sembrare incredibile per un mostro del genere, ma la prima cosa che emerge è la facilità di utilizzo, la pastosità di funzionamento, l’equilibrio e la totale assenza di vibrazioni. Neanche il più sensibile dei piloti è capace di accorgersi quando da 3 cilindri si passa a 6 e viceversa. Un aspetto importante, ma non certo la priorità che resta quella di spingere forte, in ogni situazione. I 510 cavalli (la potenza specifica di 176 cv/l è da primato) sono una garanzia, ma la dote che più aiuta ad arrampicarsi sul Jebel Jais è la coppia, 600 Nm sempre disponibili durante tutto l’arco di utilizzo, dai 2.500 ai 5.000 giri (si può arrivare fino a 6.500).

In uscita delle curve la ripresa è bruciante (Stelvio accelera da 0 a 100 in 3,8 secondi, la velocità si spinge a 283 km/h), il rapidissimo cambio automatico ZF a 8 rapporti (in modalità “Race” varia marcia in appena 15 centesimi di secondo) con paddle in alluminio solidali al piantone lavora in perfetta simbiosi con la trazione integrale Q4 che normalmente manda tutta la coppia al retrotreno, ma può spostarne fino al 50% davanti. In discesa emergono ancora meglio altre qualità. Nonostante le dimensioni (lunghezza 470 cm) il peso è contenuto (1.830 kg, 3,6 kg/cv) grazie al corposo utilizzo dell’alluminio, le masse sono distribuite in maniera ottimale con il propulsore in posizione arretrata e abbassata (la scatola guida passa davanti e non sotto).

Le sospensioni, a “quadrilatero alto” all’avantreno e multilink dietro garantiscono il perfetto contatto con il terreno e si lasciano aiutare a tenere una traiettoria senza sbavature dal differenziale posteriore elettronico (offre l’effetto “torque vectoring”) e dallo “Chassis Domain Control” che ottimizza tutti i controlli elettronici, compreso quello degli ammortizzatori. Anche quando la pendenza è significativa si può staccare sotto curva in grande sicurezza; i dischi carboceramici sono una garanzia, ma sorprendono per efficacia, resistenza alla fatica e costanza di utilizzo del pedale (c’è l’“Integrated Brake System”) anche i meno costosi dischi in acciaio.
 

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Giovedì 21 Dicembre 2017 - Ultimo aggiornamento: 15:57 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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