VERONA - Appuntamento con l’Unrae durante l’Automotive Dealer Day, l’evento dedicato alla filiera dell’auto che Quintegìa organizza annualmente negli spazi di VeronaFiere e che a ogni edizione guadagna spessore e autorevolezza, di pari passo con la crescita quantitativa e qualitativa delle presenze e del livello al quale vengono affrontati i temi più attuali e scottanti di un settore che vale complessivamente 190 miliardi, l’11% del Pil nazionale. Non è quindi un caso che Michele Crisci, presidente dell’Unrae nella quale si riconoscono le case automobilistiche estere, abbia l’occasione per fare il punto sui grandi cambiamenti destinati a rivoluzionare il mercato automobilistico globale e per sostenere l’urgenza di un’agenda della transizione che dovrebbe garantire – attraverso incontri con i decisori pubblici nazionali e locali e con gli altri player a vario titolo coinvolti – il cammino graduale ma determinato verso l’automobile del futuro connessa, elettrica, condivisa e autonoma, facendo giustizia di pregiudizi e fake news per colmare i ritardi che l’Italia ha accumulato. A margine del convegno il cui titolo – Visione strategica della mobilità – non sarebbe potuto essere più esplicito, abbiamo incontrato Romano Valente, direttore generale dell’Unrae, con cui abbiamo parlato della situazione delle flotte, settore strategico per un’associazione che rappresenta il 73% del mercato nazionale e che proprio nel comparto dell’auto aziendale ha uno sbocco privilegiato, soprattutto per quanto riguarda le vetture della fascia premium.
Come va il mercato?
«Per quanto riguarda le vendite ai privati, il cumulato dei primi 4 mesi ha registrato un -7,8% rispetto all’analogo quadrimestre del 2017, mentre il noleggio ha chiuso in crescita del 12% come risultato del +7,8% del breve termine e di un ben più consistente incremento del 16,1% per quanto riguarda il settore del lungo termine. Le immatricolazioni da parte delle società, infine, sono cresciute del 10%».
In base a questi dati, qual è la composizione del mercato?
«Il risultato è che a livello di rappresentatività nel cumulato i privati si attestano al 52,6%, il noleggio è arrivato al 27,6% (13% il breve, 14,6% il lungo termine), mentre le società valgono il 19,8% del totale».
L’Italia si avvicina quindi ai livelli degli altri grandi Paesi europei, colmando il gap che Unrae lamenta da anni?
«Le differenze esistono ancora, visto che nel 2017 le flotte hanno pesato per il 65,1% in Germania, per il 55,8% nel Regno Unito e per il 50,5% in Francia. Sarebbe comunque troppo semplicistico parlare di crisi del mercato privati, come peraltro si sente da più parti. In realtà, si stanno manifestando dei cambiamenti interessanti, che meritano un’attenzione più approfondita e dei giudizi più meditati».
Di cosa si tratta?
«È un fenomeno, quello del diminuito peso dei privati, che va interpretato. Si stanno facendo largo formule di utilizzo della vettura che stanno dirottando parte della clientela dalla proprietà all’uso della vettura. Molte case, infatti, hanno messo a punto delle strategie che offrono anche ai privati il noleggio a lungo termine in precedenza riservato alla clientela aziendale. In pratica si è spostato a livello nazionale un tema che prima era tipico del Centro-Sud, per minimizzare l’impatto dei costi. E poi non bisogna dimenticare il crescente impatto dei “km zero” che sono diventate delle formule alternative di acquisto».
E che statisticamente figurano come usato.
«Sicuramente, mentre in realtà assorbono una clientela che in precedenza rientrava nella categoria dei privati».
Qual è il vostro giudizio su provvedimenti come il super-ammortamento?
«Per noi è stato largamente positivo, al punto che ne avremmo auspicato la replica senza variazioni. Adesso però non è più applicato alla totalità delle auto aziendali, ma solo a quelle strettamente necessarie alle attività dell’impresa».
Quali cambiamenti normativi pensate di chiedere a chi dovrà prendere le decisioni?
«Senz’altro solleciteremo degli interventi in grado di armonizzarci al resto d’Europa. Avevamo già richiesto che il superammortamento diventasse strutturale e fosse anticipato, passando da 5 a 3 anni per le imprese e da 4 a 2 per artigiani e professionisti. Saremmo favorevoli all’innalzamento della quota ammortizzabile dal 20 al 40% (rispetto al 100% degli altri principali mercati europei) e all’aumento del tetto della deducibilità, fermo a 18.076 euro mentre in Germania e Spagna è illimitato».
Quindi vedete ancora dei margini di miglioramento?
«Il potenziale c’è. Nel biennio scorso con il super ammortamento eravamo riusciti a portare anche le aziende di dimensioni ridotte, che rappresentano la spina dorsale del sistema produttivo italiano, a prendere in considerazione l’investimento anche in piccole flotte. Una platea di potenziali clienti che rischiamo di perdere».
Flotte a parte, cosa prevedete nel 2018 per il mercato totale?
«Pensiamo a una sostanziale stabilità sui valori raggiunti l’anno scorso, un anno da 1.980.000 immatricolazioni, in crescita quasi impercettibile (+0,5%) rispetto al 2017. Ipotizziamo che il mercato privati possa ridursi ulteriormente attestandosi attorno al 52,5% che confermerebbe il trend del primo quadrimestre. Le immatricolazioni ad aziende dovrebbero confermare la tendenza positiva, posizionandosi a ridosso del 23%, mentre il noleggio potrebbe arrivare a pesare per un quarto del mercato complessivo».
A proposito del noleggio, la dicotomia tra lungo e breve termine è realistica?
«Mi sembra che stia emergendo una forma intermedia tra le due modalità, quella determinata dalla nascente clientela che punta ad acquisire l’auto per due anni. È un terzo canale di vendita che si sta collocando tra il lungo termine ormai consolidato, e il breve termine legato sostanzialmente al mondo del “rent a car”. Una formula che potremmo definire a medio termine e che ci stiamo sforzando di intercettare e capire».