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COLORADO SPRINGS - Una fulminea salita per il pilota, un grande passo avanti per tutto il mondo dell’auto. L’astronave ecologica griffata Volkswagen plana sulle Montagne Rocciose e, senza inquinare e senza far rumore, domina l’edizione numero 96 della Pikes Peak, la corsa in salita più prestigiosa del pianeta, la seconda gara americana per antichità e gloria dopo la mitica 500 Miglia di Indianapolis. Potrà sembrarvi strano, ma non è la prima volta che una vettura al 100% elettrica conquista il prestigioso trofeo, era già accaduto tre anni fa. Quello che fa sgranare gli occhi e lascia senza fiato è la rapidità con cui la I.D. R della casa di Wolfsburg ha scalato i 1.400 metri di dislivello, pennellando le 156 curve del tracciato in un tempo che nessuno prima aveva mai sognato.
In un lampo il gioiello tedesco ha frantumato un record che sembrava destinato a durare decenni, quello stabilito nel 2013 dal 9 volte campione del mondo rally Sebastien Loeb: con una mostruosa Peugeot 208 da quasi 900 cv (più cavalli che chili di peso), il “cannibale” aveva migliorato il precedente riferimento di circa un minuto e mezzo (un’eternità). Al volante del capolavoro orgoglio della tecnologia made in Germany l’altro ieri in Colorado c’era il poliedrico francese Romain Dumas, un pilota che ha corso in tutte le categorie (dalla Dakar, al Rally di Montecarlo) vincendo le 24 Ore di Le Mans, Nurburgring e Spa, oltre alla 12 Ore di Sebring. Romain, che aveva già trionfato alla Pikes Peak 3 volte negli ultimi 4 anni, sapeva di avere fra le mani una gemma per scrivere la storia e, appena le nuvole si sono diradate scoprendo la vetta del Gigante, si è lanciato in un cavalcata impetuosa e romantica.
La I.D. R è scattata meglio di un ghepardo prendendo quota come catapultata da un elastico invisibile, sembrava un aliante spinto da una corrente ascensionale o una meravigliosa aquila in picchiata verso il sole. Il silenzio rendeva la musica più esaltante, un tributo ad una natura maestosa e incontaminata. In cima Dumas aveva tolto circa un minuto al suo miglior tempo delle scorse edizioni e di altrettanto aveva abbassato il record delle elettriche.
Era però riuscito a polverizzare di quasi 17 secondi anche il primato assoluto di Loeb: Romain era diventato il primo uomo ha raggiungere i 4.302 metri del picco di Pike in meno di 8 minuti. «È iniziato il conto alla rovescia verso la mobilità sostenibile», ha commentato con tanto orgoglio, fra spruzzi di champagne, Hinrich J. Woebcken, presidente e ceo di Volkswagen Group Nord America.
Non è certo un caso che il più grande costruttore di veicoli del globo abbia messo un tassello così importante nella strada della mobilità del futuro proprio nel paese in cui era iniziato il “caso emissioni”, un passo falso che ha dato grande vigore all’azienda trasformando il problema in un’opportunità. La I.D. R non è solo la dimostrazione della competenza degli ingegneri tedeschi, è uno straordinario testimonial dell’enorme potenziale della motorizzazione elettrica che, all’alba del suo percorso, ha già fatto vedere di avere una marcia in più rispetto ai vecchi motori a scoppio, benzina o diesel che siano.
Le forme e i numeri dell’auto di Wolfsburg difficilmente si sarebbero potuti realizzare se non fosse stata alimentata ad elettricità. Dal momento del concepimento alla sua consacrazione sono passati meno di nove mesi, la I.D R è spinta da due motori elettrici (uno per asse, quindi ha la trazione integrale) per una potenza totale di quasi 700 cv e altrettanti Nm di coppia immediatamente disponibili quando si sfiora il pedale dell’acceleratore. L’energia è fornita da due batterie al litio (il 20% del totale viene recuperato in frenata durante la salita) che si ricaricano in appena 20 minuti.
Mentre le rivali con un propulsori termici perdevano oltre la metà della loro potenza rispetto a quella erogata al livello del mare percorrendo i 19,99 km che dalla partenza a quota 2.862 metri di altitudine portano in vetta, l’auto di Wolfsburg che non ha combustione (quindi può fare a meno dell’ossigeno) manteneva intatto il proprio vigore incrementando in maniera esponenziale il vantaggio sui rivali.
Negli allunghi la velocità massima raggiungeva i 240 km/h perché di più non serviva, impressionante l’accelerazione all’uscita dei tornanti e delle curve più strette. La Volkswagen è i grado di arrivare a 100 all’ora partendo da ferma in soli 2,25 secondi, una Formula E ne impiega 2,9, una Formula 1 non meno di 2,6.
Nella I.D. R si entra da una botola sul tetto, l’impianto frenante ha i dischi in carboceramica, la scocca è in carbonio, gli pneumatici sono Michelin da 18 pollici, simili a quelli dei mostri di Le Mans, il peso supera di poco una tonnellata con il fantino Dumas a bordo. Nella giornata dell’auto elettrica, della Volkswagen e di Romain Dumas, c’è una pennellata tricolore sulla leggendaria montagna a pochi chilometri da Denver.
Primo fra gli “umani”, cioè fra i piloti al volante di vetture tradizionali, il nostro Simone Faggioli che, nonostante i problemi avuti al V6 turbo da 630 cavalli durante le prove (ne sono saltati tre...), ha avuto un esordio da favola in Colorado dimostrandosi un vero maestro delle corse in salita come evidenziano i suoi 10 titoli europei e, addirittura, i 12 italiani. Simone era convinto di poter fare meglio, è quasi certo che il prossimo anno ci riproverà.