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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino

Le Mans, Matthias Müller e Akio Toyoda raccontano la favola della 24 Ore per Il Messaggero

Tecnologia e sport, emozione e business, competizione esasperata e spirito di squadra. Pare che il motorsport sia per il settore automotive «come le Olimpiadi per gli atleti», un appuntamento al quale non si può rinunciare. Questa teoria espressa da un personaggio autorevole trova puntuali conferme. Da una parte quasi tutti le case automobilistiche hanno un loro programma sportivo. Dall’altra, la Ferrari, che è il simbolo delle competizioni, ha un valore straordinariamente elevato anche grazie alla spinta emotiva generata dai gran premi. Questo weekend, l’ultimo di primavera, come vuole una tradizione quasi secolare si corre a Le Mans la mitica 24 Ore, la corsa più affascinante. Anche la più importante.

Una gara ambita da qualsiasi pilota e sognata da tutti i top manager. Chi vince la maratona francese entra direttamente nella leggenda, «avrà gloria eterna» ha spiegato un altrettanto importante esponente del settore. Facile capire perché una gara del genere è più significativa di un gran premio di F1. Si corre una sola volta l’anno, gli equipaggi sono di tre piloti, le vetture le più avanzate che ci siano, non solo dal punto di vista delle prestazioni (in alcune fasi possono superare i mille cavalli), ma anche da quello dei consumi, della sicurezza e dell’affidabilità. Astronavi che in 24 Ore possono percorrere quasi 5.500 km alla folle media oraria di oltre 220 km/h. Senza fermarsi mai se non per i rapidissimi pit stop di rifornimento e, di tanto in tanto, per cambiare pneumatici e pilota.

Il Messaggero da qualche anno racconta questa favola con un inserto scritto soprattutto dagli attori sul palcoscenico, quelli che la corsa la rendono possibile e l’hanno resa famosa. Piloti coraggiosi, tecnici geniali, top manager visionari che, quando arriva Le Mans, si infilano la tuta e vivono nei box, senza mollare il monitor dei tempi nemmeno per un secondo. Lo scorso anno ci hanno raccontato la loro 24 Ore il numero uno della Ferrari (e ceo di Fca) Sergio Marchionne e quello della Ford Bill Ford, pronipote del fondatore dell’azienda Henry. Con loro abbiamo avuto i pareri da un’angolazione diversa di Fernando Alonso, che sogna la 24 Ore, e di Tom Kristensen che a Le Mans ha trionfato nove volte.

Quest’anno, nell’inserto uscito oggi, ospitiamo gli articoli dei massimi esponenti dei due gruppi che si contenderanno la vittoria. Che, guarda caso, sono anche i più grandi del mondo, gli unici che vendono oltre 10 milioni di veicoli l’anno. Da una parte Matthias Müller, ceo del Volkswagen Group di cui fa parte la Porsche che ha vinto 18 volte la maratona francese. Dall’altra, Akio Toyoda, il presidente della Toyota e nipote del fondatore dell’azienda, un costruttore che, con notevole sportività e spesso un po’ di sfortuna, ha partecipato 18 volte senza vincere mai (4 volte secondo).

Storie diverse, ma approcci simili, di straordinaria visione: competizione leale, sconfinato rispetto per gli avversari e la consapevolezza che le corse non sono certo solo marketing, ma servono per collaudare nuove tecnologie e rendere migliori le vetture di serie. Domani vale la pena leggersi questi articoli, per chi ama il motorsport ed è interessato alle vicende della mobilità anche più di una volta.

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Venerdì 16 Giugno 2017 - Ultimo aggiornamento: 13:41 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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