Il turismo traina, 300 assunti in più in un anno. Ma nel terziario persi 415 lavoratori

Mercoledì 1 Maggio 2024 di Paolo Calia
Il turismo traina, 300 assunti in più in un anno. Ma nel terziario persi 415 lavoratori

TREVISO - Una medaglia a due facce: da un lato la sostanziale crescita dei posti di lavoro soprattutto in un settore strategico come quello del turismo (330 in più in un anno), dall'altro il continuo calo nel comparto dei servizi.

Il 2023 ci rimanda un quadro del mercato del lavoro trevigiano dalle multiple interpretazioni a cominciare dall'identikit del lavoratore medio. Adriano Bordignon, presidente di Ebicom, l'ente Bilaterale del Terziario e del Turismo parte dalla differenza di formazione tra chi si mette alla ricerca di un lavoro per la prima volta e chi è arrivato alla fine della parabola lavorativa: «La formazione scolastica delle persone che stanno uscendo dal mercato del lavoro è molto diversa da quella di chi sta entrando - sottolinea Bordignon - oggi, in Veneto, almeno un lavoratore su 3 (35% circa) ha un diploma di laurea o post laurea, mentre per la generazione boomers ora in uscita (60-64) lo aveva solo il 15% circa».

I DATI
L'Osservatorio dell'Ente Bilaterale restituisce, a fine 2023, una crescita di posti di lavoro nel turismo (+330), una contrazione nei servizi (-415) una sostanziale tenuta dei posti di lavoro nel commercio (+45). Tra le forme contrattuali cresce l'indeterminato (+710), il determinato (+405) e l'apprendistato (+95), mentre ci evidenzia buoni riscontri il lavoro intermittente (+255) e il parasubordinato (+1615). In sintesi, il terziario conferma il proprio ruolo di traino in un contesto dove circa 6 stipendi su 10 derivano da imprese del commercio, del turismo e dei servizi. Settori che pretendono personale sempre più qualificato anche per quelle mansioni un tempo ritenute basilari, a basso impatto. E Bordignon sottolinea l'esigenza di una formazione sempre più accurata e spinta. Che non sempre si vede: «Il risultato è un mondo a due velocità, anzi tre. La prima è quella del comparto formativo, non cosi veloce da adeguarsi ai mutamenti economici e alla formazione di nuove figure professionali; la seconda è quella delle imprese, sempre più senior nella figura degli imprenditori e degli occupati e non sempre in grado di inserirsi, con l'approccio corretto, nei mutamenti imposti dalla transizione digitale, ecologica e sociale; la terza è quella dei giovani che a differenza dei loro genitori o nonni, molto spesso si trovano a scegliersi l'impresa e non vengono più semplicemente scelti. Hanno più titoli di studio, hanno accumulato più esperienze, hanno viaggiato, fatto scambi, Erasmus, stage. Hanno possibilità di spaziare con un click, di farsi conoscere, hanno il desiderio legittimo di non accontentarsi di un "qualsiasi lavoro" o tanto meno di un ambiente tossico o stressante. Hanno una quantità di proposte lavorative significativamente più elevata rispetto al numero degli occupabili».

LA SVOLTA
Per il presidente di Ebicom la nuova sfida è rendere sempre più appetibili i posti di lavoro e le imprese, modellandoli attorno alle esigenze dei giovani in arrivo. Qualche giorno fa l'economista Alessandro Minello invitava le imprese anche medio piccole a non restare indietro nella corsa all'utilizzo dell'Intelligenza Artificiale nei cicli produttivi. Una delle conseguenze dell'accumulare ritardi poi difficilmente colmabili è non solo la difficoltà di stare nel mercato, ma anche la perdita di giovani più interessati ad andare verso aree e aziende più moderne e stimolanti. Bordignon sembra quasi inserirsi in scia: «È necessario chiudere la narrazione ormai obsoleta del "eh, ai miei tempi" o del "noi sì, abbiamo fatto la gavetta" che sembra quella di quelli che guidano guardando solo lo specchietto retrovisore. È tempo di porre le basi per una cultura del lavoro davvero innovativa che ponga al centro una relazione positiva tra il lavoratore, o la lavoratrice, e l'impresa. Un ecosistema capace di produrre strumenti e sistemi innovativi che integrino la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, aumentino l'efficacia e la produttività, sappiano superare il gap generazionale e di genere». Fondamentale quindi prestare «sempre maggiore attenzione a politiche attive innovative, piani di welfare, contributi pubblici e privati come quelli proposti dalla bilateralità, volti a rendere più competitive le imprese e più attraenti i posti di lavoro (anche quelli stagionali), per fare in modo che l'occupazione sia un incontro felice e non un superficiale "ci penso" o "le faremo sapere"».
 

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