La Toyota Mirai durante il viaggio sulle strade tedesche

Mirai, in viaggio con l'idrogeno: tre giorni in Germania al volante della Toyota ecologica

di Nicola Desiderio
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AMBURGO - La strada che porta all’idrogeno è ancora lunga, ma ce n’è una che si può già fare. Porta da Stoccarda fino ad Amburgo e l’abbiamo percorsa noi con una Toyota Mirai per 900 km ad emissioni zero in un paese come la Germania che, non solo prevede di avere 15mila stazioni di ricarica per 400mila auto elettriche su strada entro 2020, ha già 22 stazioni di rifornimento per l’idrogeno e ne prevede almeno 50 entro la fine del decennio che diventeranno addirittura 400 entro il 2023. Un piano gigantesco, secondo solo a quello del Giappone che per le Olimpiadi di Tokyo prevede 160 stazioni pronte a servire 40mila auto circolanti. Vincerà l’auto a batteria che l’energia la prende dalla spina o quella che l’energia la produce a bordo grazie all’idrogeno? Nell’abbrivio i favori vanno alla prima, ma il traguardo finale è rappresentato dalla seconda. Perché?
 

 

Galileo Galilei diceva «La natura è un libro scritto in caratteri matematici» e questo meraviglioso volume dice che l’Idrogeno (con la “i” maiuscola) è di gran lunga l’elemento chimico più presente in natura: per ogni milione di parti della nostra galassia, la via Lattea, ben 739.000 sono Idrogeno, al secondo posto c’è l’Elio (240.700), il terzo, a grande distanza, è il beneamato Ossigeno (10.700) e quarto è il sesto elemento della tavola periodica, ovvero il Carbonio (4.600) con il quale abbiamo invece un rapporto di amore e odio: è presente in ogni forma di vita, ma si è trasformato nel nemico numero uno dell’ambiente. Lo dice anche il prodotto allo scarico: acqua allo stato di vapore. Lo sanno anche 13 aziende che qualche mese fa hanno formato l’Hydrogen Council promettendo di investire 1,4 miliardi di euro all’anno. Tra queste ci sono 5 automobilistiche (BMW, Daimler, Honda, Hyundai e Toyota) che, insieme anche a Ford, General Motors e Nissan, nel 2009 avevano firmato una lettera indirizzata alle istituzioni e alle aziende energetiche.

Le nostre auto ad idrogeno – diceva – saranno pronte nel 2015, ma senza di voi non si va da nessuna parte. E proprio in tempo con gli impegni presi, Toyota ha presentato la Mirai. Il nome vuol dire “futuro” in giapponese e il look non è di quelli normali, ma lo stesso era accaduto nel 1997 con la Prius, poi la casa delle Tre Ellissi ha venduto 10 milioni di ibridi e ora tutti considerano l’elettrificazione come la via maestra per “pulire” i motori a scoppio, in attesa di una loro progressiva scomparsa. Nessuno si illude che accada domani, a maggior ragione verso l’idrogeno che implica un modello economico, di sviluppo e della gestione dell’energia profondamente diverso.

Per gli utenti invece la promessa più allettante è di non cambiare abitudini: l’autonomia promessa infatti è di 500 km e per il rifornimento bastano 3-5 minuti, anche fai da te. Veloce come benzina o gasolio, più facile di metano o GPL. I 700 bar di pressione e la parola “idrogeno” possono essere deterrenti da considerare, ma si tratta di pericoli in parte legati a falsi miti, in parti risolti già dalla tecnologia come nel caso dei serbatoi concepiti per pressioni triple e resistenti anche a proiettili d’arma da fuoco sparati a breve distanza. La prima tappa è a Magonza dove l’idrogeno è prodotto nel modo più facile, ma anche meno pulito ovvero con il reforming separandolo chimicamente dal carbonio contenuto in qualche idrocarburo. La seconda tappa è a Colonia dove invece l’idrogeno viene prodotto come scarto da un impianto chimico per alimentare prima di tutti alcuni bus di linea e poi le automobili. È la via più logica, anche perché dai processi di desolforazione si può ricavare già oggi idrogeno a sufficienza per decine di milioni di auto ad idrogeno.

La Mirai cavalca le mitiche autostrade tedesche offrendo un gran comfort, ma capiamo subito che non è il caso di spremerla troppo, pena vedere scendere verticalmente l’autonomia o, dopo due minuti a 180 all’ora, ricevere da lei un avviso forte e chiaro: le celle a combustibile si stanno surriscaldando. D’accordo: per vedere auto da corsa a idrogeno dovremo aspettare ancora. Arriviamo a Münster, dove l’idrogeno è prodotto da fonti rinnovabili (vento e solare) e viene poi trasportato in una normale stazione di servizio, accanto alle pompe per benzina e gasolio.

Alla fine del viaggio troviamo Amburgo, dove l’idrogeno viene prodotto per idrolisi dall’acqua nella più grande stazione di rifornimento d’Europa, piazzata di fronte al palazzo che ospita la redazione del settimanale “Der Spiegel”. «All’inizio si sono sentiti in pericolo – ci raccontano quelli della Wattenfall, l’azienda che gestisce l’impianto – ma poi hanno capito». Dopo i 37 gradi della Ruhr, alla foce dell’Elba il vento fa sembrare i 17 gradi ancora meno. Ma si sa, il futuro riceve sempre un’accoglienza gelida.
 

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Mercoledì 26 Luglio 2017 - Ultimo aggiornamento: 27-07-2017 14:00 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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