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Apollonj Ghetti (Autogiapponese): «Insieme a Nissan per la qualità e la soddisfazione del cliente»
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LE MANS - Nissan può festeggiare per la 24 Ore di Le Mans dopo un’edizione vissuta mirando a due obiettivi ben diversi. Da un lato portare a termine la gara nella massima categoria LMP1, dall’altra confermare il dominio nella LMP2 con il proprio motore. E si può dire che entrambi sono stati centrati: una delle tre GTR LM Nismo è infatti riuscita a tagliare il traguardo finale mentre il V8 di 4,5 litri firmato Nismo si è presa tutto il podio di classe e anche di più.
Una su tre al debutto. L’unica GTR LM Nismo a completare la corsa di 24 ore è stata la numero 22 guidata dal terzetto Tincknell-Krumm-Buncombe. Certo la posizione in classifica non è stata di quelle lusinghiere (tra i 3 non classificati pur avendo completato la gara), né tantomeno lo sono state le prestazioni. Solo la più veloce delle tre è infatti riuscita a scendere sotto i 3’36”, un tempo lontano 19” dalla pole e dal 3’17”475 fissato da André Lotterer con la sua Audi R18 e-tron quattro, ma nettamente meglio del 3’38”468 stabilito nelle qualifiche, segno che la vettura ha margini di crescita, nonostante la sua originalità e complessità dal punto di vista tecnico.
Motore e trazione anteriori. La GTR LM Nismo è infatti l’unico prototipo da corsa ad avere motore e trazione anteriori e un sistema ibrido totalmente meccanico, che fa a meno del tutto di motori elettrici e di accumulatori di vario tipo siano essi una batteria agli ioni di litio come sulla Porsche 919 Hybrid, volano elettromeccanico come sull’Audi R18 e-tron quattro o supercondensatore come sulla Toyota TS040 Hybrid. Questo schema è stato scelto per molteplici motivi, primo fra tutto l’analogia con le auto di serie, poi la possibilità di recuperare una grande quantità di energia in frenata e infine di ricavare un’aerodinamica più favorevole a fronte di svantaggi prevedibili, gli stessi per i quali le auto da pista hanno motore e trazione posteriori, e che contraddistinguono le auto stradali così come la giapponese.
Forze e debolezze della GTR da pista. I piloti sono unanimi: la GTR LM Nismo ha un ottimo V6 3 litri biturbo (realizzato con l’aiuto della Cosworth), è molto veloce in rettilineo – ha fatto il record durante le prove –efficace nei curvoni veloci e molto stabile sul bagnato, grazie ad una notevole efficienza aerodinamica dovuta alla disposizione degli organi meccanici che consente di ricavare pance laterali pressoché libere, uno scivolo posteriore più ampio e, come conseguenza, ali con meno incidenza. Di contro, l’auto è lenta in inserimento nel misto stretto e manca di motricità anche in presenza del controllo elettronico di trazione e con pneumatici da 14” di larghezza contro i 9” dei posteriori, scelta assolutamente anticonvenzionale e che mira ancora una volta a ridurre la resistenza e favorire l’aerodinamica del fondoscocca. Inoltre la concentrazione davanti al pilota di tutta la meccanica la rende fragile in caso di incidente e difficoltosa negli interventi, fattori decisamente importanti in una gara di durata dove la facilità e la rapidità degli interventi spesso è decisiva.
Anticonvenzionali per tradizione. Un progetto dunque anticonvenzionale e ambizioso, così come lo erano stati la DeltaWing del 2012 e la Zeod RC del 2014 che avevano corso a Le Mans partendo dal Garage 56, riservato alle auto fuori regolamento. Nel primo caso Nissan esplorò le possibilità offerte da un’auto leggera, aerodinamica e spinta da un 1,6 litri turbo ad iniezione diretta da 300 cv, derivato da quello della Juke Nismo e omologato come global racing engine, dunque pronto per auto da rally e da pista nei campionati Turismo. L’auto andava più forte delle GT e di qualche LMP2 e, se non fosse stata buttata fuori, avrebbe raggiunto un ottimo risultato. La Zeod RC si ispirava nella forma alla DeltaWing ma aveva un 3 cilindri 1,5 litri da ben 400 cv e due elettrici da 120 kW e, sebbene la sua gara sia durata solo 5 giri, il suo obiettivo era compierne uno intero e raggiungere 300 km/h ad emissioni zero. E ci è riuscita.
Giapponese che viene dall’America. In entrambi i progetti c’è lo zampino dell’americano Ben Bowlby, uno che non ha mai difettato di idee originali e che all’auto da corsa a motore anteriore – ma non la trazione – per la 24 Ore di Le Mans aveva pensato già anni prima, con la Panoz: dapprima con la Esperante nel 1997 nella categoria GT e poi con la LMP-1 Roadster-S dal 1999 fino al 2001 con buoni risultati. Anche la GTR LM Nismo è firmata da Bowlby e il suo sviluppo è avvenuto tutto negli Usa, con il team di stanza a Indianapolis e la pista di sviluppo nel Kentucky, presso l’NCM Motorsport Park che riproduce la curva Mulsanne, la prima chicane sull’Hunadieres e le curve Porsche. Il programma era di disputare tutte e 8 le gare del WEC, ma le difficoltà di sviluppo hanno consigliato di saltare le prime due per concentrarsi sulla 24 Ore di Le Mans e di limitarsi all’omologazione con il livello più basso di energia, quello di 2 MJ.
Un potenziale tutto da esplorare. Anche qui l’auto si dimostrata è acerba e il sistema ibrido, pur offrendo un potenziale teorico enorme, appare difficile da mettere a punto. La GTR LM Nismo infatti ha corso in Francia con la configurazione meno potente e più conservativa del sistema, composto da un doppio volano meccanico 4 frizioni, due ruotismi epicicloidali e altrettanti alberi di trasmissione. A Le Mans le vetture hanno corso potendo contare su circa 1.200 cv complessivi e 2 MJ di energia recuperata per ogni giro facendo a meno del trasferimento parziale della potenza alle ruote posteriori. I problemi ai freni manifestatisi in gara derivano proprio da questo depotenziamento del sistema di recupero dell’energia, che stressa di più l’impianto tradizionale, e dalla ripartizione dei pesi, ulteriormente penalizzata dalle dimensioni degli pneumatici posteriori.
La frontiera dell’ibrido meccanico. Aumentando il trasferimento di coppia il retrotreno e innalzando il livello di energia a 8 MJ i tecnici Nissan contano di sfruttare tutto il potenziale teorico offerto da questo sistema ibrido e arrivare a 1.600 cv in accelerazione meglio ripartiti su tutte e quattro gli pneumatici. Le restanti 5 gare del campionato potrebbero risultare molto utili, per dare un senso a un progetto che potrebbe portare elementi molto interessanti per le auto di serie. Sviluppare infatti un ibrido senza batteria è il sogno di molti e ci stanno lavorando già alcuni costruttori come Volvo e Jaguar Land Rover. Sarebbe più semplice e meno costoso, ma bisogna fare i conti con rumorosità, effetto giroscopico e interazione con il resto della catena cinematica. Il primo di questi fattori è ininfluente per un’auto da gara, gli altri due invece sono critici in ogni caso, in particolare l’ultimo: come si fa a rendere fluida l’interazione tra parti che girano a centinaia o poche migliaia di giri al minuto con altre invece che girano 10, 20 o 50 volte di più?
Nella LMP2 non ce n’è per nessuno. Dalla serie invece viene il V8 4,5 litri da circa 450 cv e 570 Nm di coppia che anche quest’anno ha fatto man bassa nella LMP2: le prime 6 al traguardo lo montavano, ben 8 sulle prime 10, 10 sulle 13 arrivate, 14 sulle 19 ai nastri di partenza. Il VK45DE è infatti derivato dall’omonima unità che trova spazio anche su Nissan e Infiniti targate e che fa parte della famiglia VQ con cilindrate che arrivano fino a 5,6 litri. La Nissan ne aveva già derivato un’unità destinata alle corse, precisamente alla serie GT500 giapponese e da questa si è partiti per ricavare il motore che da anni stradomina la 24 Ore di Le Mans. Ovviamente è stato modificato per essere alleggerito fino a 145 kg, non ha i variatori di fase e alzata vietati dal regolamento e, al posto della cassetta di aspirazione, le trombette. Profonde ovviamente le modifiche al volano, per migliorare la risposta e ospitare il cambio sequenziale, al raffreddamento e infine alla lubrificazione, a carter secco sulla versione da competizione per abbassare il baricentro e assicurare il regolare afflusso di olio anche con le forti accelerazioni laterali e longitudinali che si sviluppano in curva e in frenata.
Sorprendere, per migliorare le auto di serie. Nissan dunque intensifica la propria presenza alla 24 Ore di Le Mans fedele ai propri valori: ovvero sorprendere cercando sempre nuove vie che rendano ancora più intensi e fruttuosi i legami le auto da corsa e quelle di serie, vincendo – possibilmente – in entrambi i campi.