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«Mi sento molto orgoglioso che così tanti mi abbiano copiato» scriveva molti anni fa Alec Issigonis. La verità, restituita da una storia iniziata nel 1959, è che solo la Mini può copiare sé stessa, ma è altrettanto vero che reinventarsi per continuare ad essere protagonisti non è mai facile, anche per chi è stato capace di una resurrezione. Per questo la Mini Cooper di quarta generazione – contandole dalla rinascita nel 2001 – cerca di tornare alle origini con un’impostazione minimale che faccia incontrare la propria essenza primigenia con l’era digitale che è chiamata a vivere. Ne viene fuori uno stile pulito e ripulito, scrostato di tutte le sovrastrutture accumulate nel tempo, che mantiene intatti i propri stilemi e la compattezza con una lunghezza di 3,86 metri. Dunque niente più bordature e cromature, ma solo superfici lisce, fari tondi, linea di cintura dritta, tetto sospeso e un lato B dove una nota di dirompenza è data dalle luci triangolari che derivano idealmente da uno spicchio della Union Jack e sono congiunte da una sottile striscia in nero lucido. Va detto che in realtà le Mini Cooper sono due e, sebbene portino lo stesso vestito, sotto sono ben diverse.
La prima a fare passerella è quella elettrica, è basata su una piattaforma frutto della joint-venture Spotlight con Great Wall ed è costruita in Cina, a Zhangjiagang; la seconda invece è basata sulla piattaforma UKL rivista e si fa ad Oxford dove l’altra – l’elettrica – sarà comunque costruita dal 2026. La Mini punta all’essenza anche all’interno. Cursori e pulsanti sono ridotti al minimo, sparisce lo strumento di fronte al guidatore, sostituito da un head-up display, che si trova tra le mani il volante piccolo, massiccio e verticale. Sportivo sì, ma poco go-kart. E sul palcoscenico rimane solo lo strumento centrale: uno schermo OLED circolare da 24 cm di diametro del sistema di bordo. Chiamarlo navigatore è alquanto riduttivo perché permette tutto quello che si può immaginare oggi in tema di connettività e personalizzazione, grazie anche all’integrazione con le telecamere che scattano foto e possono essere caricate sul proprio smartphone, inoltre dispensa colori e grafiche a go-go, emette jingle e decine di suoni e getta persino urletti quando si inserisce una delle 7 modalità di guida (3 di serie), che qui si chiamano “experience”.
Lo spazio è da Mini, il bagagliaio va da 210 a 800 litri e l’accesso alla zona posteriore è agevolato dai movimenti motorizzati dei sedili. Sul tunnel c’è più spazio per gli oggetti e anche qui vale il bando per le inquinanti cromature a favore di pelli sintetiche e tessuti da poliestere riciclato, anche per le portiere e la plancia che, non appena cala l’oscurità, lasciano trasparire grafiche e colori luminosi. Completa la dotazione di sicurezza che permette la guida autonoma di livello 2. Sotto il cofano delle Mini Cooper Electric ci sono due sistemi di propulsione. Uno ha 135 kW e 290 Nm, servito da una batteria da 40,7 kWh (36,6 kWh netti) di capacità per un’autonomia di 305 km, l’altro eroga 160 kW e 330 Nm con una batteria da 54,2 kWh (49,2 netti) per 402 km. In entrambi i casi, il caricatore a corrente alternata è da 11 kW mentre in corrente continua per la prima si arriva a 75 kW e si sale a 95 kW per la più potente che scatta da 0 a 100 km/h in 6,7 s. Non c’è dubbio che l’elettrico esalti il carattere Mini: scattante, reattivo, allegro. E poi l’erogazione è davvero di ottima qualità, con una risposta esuberante seguita da una liscia propensione a distendersi. La differenza tra le varie experience è poco avvertibile all’acceleratore, di più all’udito, con l’accompagnamento (escludibile) dei sound artificiali messi a punto dal musicista Renzo Vitale, e nella taratura dei controlli elettronici che intervengono con discrezione esemplare, permettendo di giocare con il tiro-rilascio senza mai permettere eccessi.
Il carattere Mini dunque c’è, anche se con certi angoli smussati, e si manifesta anche attraverso lo sterzo, e il motivo è che ci sono più di 1.600 kg da controllare. In città si può sfruttare il recupero dell’energia più intenso con una risposta delle sospensioni non troppo severa sulle irregolarità della strada, su statale e autostrada c’è un comfort acustico mai visto su una Mini, anche grazie all’aerodinamica (cx di 0,28). La Mini Cooper E da 135 kW parte da 32.300 euro, 4mila euro in più ci vogliono per la SE da 160 kW ed entrambe sono disponibili in quattro allestimenti (Essential, Classic, Favoured e John Cooper Works). Se invece la volete ancora con il motore termico, sappiate che parte da 27.900 euro ed è disponibile con un 3 cilindri da 156 cv o un 2 litri da 204 cv, entrambi con cambio doppia frizione a 7 rapporti.