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Che cosa ci fa Giorgio Sanna, responsabile delle attività sportive di Lamborghini, alla 24 Ore di Le Mans e nella ospitality della Iron Lynx? Dal prossimo anno il Toro di Sant’Agata correrà la corsa francese e anche nei campionati WEC ed IMSA sfidando Acura, Alpine, BMW, Cadillac, Ferrari, Peugeot, Porsche, Toyota oltre a Glickenhaus, Vanwall e Isotta Fraschini. E lo farà in collaborazione con il team di Cesena, già impegnato nei più importanti campionati delle corse di durata.
Quando è partita l’idea di partecipare alla 24 Ore di Le Mans e al WEC?
«L’idea ci era venuta diversi anni fa quando già avevamo iniziato a correre nel GT3 e ci era venuto in mente di sviluppare una versione GTE della Huracàn. Poi, facendo un’analisi più approfondita in chiave futura, abbiamo pensato che quella classe sarebbe andata a finire. Parlando poi con l’IMSA, ci spiegarono la loro visione per il futuro denominata DPi 2.0 che sarebbe poi diventata la LMDh. Quando è stata annunciata l’intenzione di realizzare la convergenza dei regolamenti insieme all’ACO, ci siamo convinti e ci siamo seduti al tavolo con loro dicendo che eravamo molto interessati. Con il ritorno di Stephan Winkelmann al posto di Stefano Domenicali alla presidenza, abbiamo preso questa decisione condividendola con il gruppo Volkswagen dove c’è una grande tradizione per le corse endurance, con Audi e Porsche».
Perché avete scelto la LMDh?
«Abbiamo scelto la LMDh non solo perché crediamo che sia una categoria bella ed avvincente, ma anche perché è sostenibile sotto l’aspetto economico. Se non ci fosse stata la LMDh con questo regolamento tecnico, che è volto a contenere i costi, generare spettacolo e avere un legame di marketing evidente attraverso il design della vettura, difficilmente saremmo entrati in questo tipo di corse. Dobbiamo sempre tenere in considerazione la dimensione dell’azienda e la sua capacità di investire nel motorsport ad alti livelli».
Vi sarebbe piaciuto fare una LMH come Ferrari, Peugeot, Toyota e Isotta Fraschini?
«Beh, con la LMH c’è molto più spazio per sperimentare dal punto di vista tecnico però – e c’è un però importante – per la prima volta abbiamo a che fare con il Balance of Performance su scala mondiale, con una filosofia simile a quella del GT3. Per cui abbiamo ritenuto più coerente fare una LMDh. E questo anche per un altro motivo fondamentale: il mercato americano è il più importante per Lamborghini e questa categoria ci dà l’opportunità certa di poter partecipare sia al WEC sia all’IMSA».
Perché avete scelto Ligier per il telaio?
«Perché l’approvazione sul progetto è arrivata un po’ più tardi rispetto ai nostri piani e il gruppo doveva prendere decisioni sul motorsport che riguardavano tutti i marchi. A quel punto, se volevamo entrare dal 2024, dovevamo vedere la soluzione più efficiente per noi. In quel momento, Ligier era più libera rispetto agli altri costruttori previsti (Dallara, Oreca e Multimatic, ndr). A prescindere da questo, abbiamo trovato in Ligier una struttura che definirei speculare rispetto a quella di Squadra Corse: molto giovane, competente e flessibile. Proprio questa flessibilità e questa disponibilità nei nostri confronti ci ha convinto a scegliere loro per sviluppare la macchina. La tempistica era veramente sfidante, ma insieme ci stiamo riuscendo centrando tutti gli obiettivi del progetto. E poi ci sono anche altri fattori».
Quali?
«La scelta di Ligier è anche strategica perché ci permette di entrare di più nel design e nell’engineering della vettura. Noi non siamo tanto interessati a comprare un prodotto in scatola, seppure bello, ma vogliamo contribuire allo sviluppo generando know-how all’interno del reparto corse e dell’azienda. E anche in questo mi sento di dire che ci stiamo riuscendo».
A proposito della decisione di gruppo della quale si parlava prima, la notizia di Lamborghini nell’endurance è arrivata subito dopo la rinuncia da parte di Audi. Che legame c’è tra le due cose?
«In realtà non ci sono legami. L’idea era di poter partecipare alla LMDh tutti insieme così come facciamo già nel GT3 anche perché per noi questo è un customer racing program, seppure all’ennesima potenza, più che un factory program. È vero che avremo un solo team, saremo molto coinvolti e ci sarà una condivisione degli investimenti e delle attività in pista, ma l’obiettivo è lo stesso che ha anche Porsche con la LMDh: avere clienti oltre a partecipare direttamente».
Perché avete scelto per il motore un partner semisconosciuto ai non addetti ai lavori come Autotecnica Motori?
«Perché anche questo fa parte della nostra filosofia. Siamo un’organizzazione molto giovane, che quest’anno compie 10 anni ed è nata da zero, investendo sui giovani e su fornitori sconosciuti, ma che poi ci hanno dato ragione. Vogliamo usare la stessa filosofia anche con la LMDh: vogliamo dare fiducia a realtà che hanno talento, competenza, determinazione e tanta fame di vincere. Aggiungo che il motore della LMDh è ingegnerizzato da Lamborghini con un’altra realtà italiana. E anche questo mi rende orgoglioso. Anche lo stesso telaio, per quanto progettato da Ligier, è prodotto dalla HP Composites di Ascoli Piceno. In questo progetto dunque c’è molta Italia».
Quante macchine avrete per il 2024?
«Saranno due: una nel WEC e un’altra nell’IMSA e tutte e due correranno alla 24 Ore di Le Mans».
E per i piloti?
«Abbiamo bisogno di sei piloti, ne abbiamo già annunciati quattro (Mirko Bortolotti, Andrea Caldarelli, Romain Grosjean e Daniil Kvyat, ndr) e annunceremo gli altri due alla fine della stagione».
Iron Lynx schiera anche un equipaggio femminile molto forte come le Iron Dames. State prendendo in considerazione anche un pilota donna?
«Sì, stiamo pensando anche ad un pilota donna. Dobbiamo fare tutte le valutazioni del caso e abbiamo tutto il tempo per farlo. Senza ombra di dubbio, nel prossimo futuro vedo l’ingresso di un pilota donna all’interno della linea di piloti di Lamborghini».
Che cosa si può già rivelare della macchina?
«Beh, la LMDh non dà grande spazio all’inventiva sotto il profilo tecnico, a parte il motore termico che rappresenta il cuore. Posso dire però che la vettura è, a prima vista, Lamborghini al 101% e, quando si vedrà, genererà l’effetto wow di tutte le Lamborghini. A livello tecnico, abbiamo lavorato con fornitori importanti e altri del tutto nuovi perché pensiamo vogliamo che l’esclusività di una Lamborghini faccia parte di una nostra auto da corsa anche in questi aspetti».
E del motore che cosa possiamo dire?
«Che è un V8 biturbo. Anche in questo caso c’è un legame con i nostri prodotti futuri. Gira al banco già da diversi mesi, lo abbiamo già testato, integrato all’interno di tutta la power unit ibrida e ha già superato alcune simulazioni. Siamo molto soddisfatti».
Quali saranno adesso le prossime fasi dello sviluppo tra congelamento dell’aerodinamica, prove in pista e l’omologazione definitiva?
«Per la prima volta, su questa vettura utilizzeremo un processo di sviluppo innovativo sfruttando tutte le tecnologie di simulazione, grazie anche ad un partner come AVL. Quando scenderemo in pista, ad inizio agosto, la macchina avrà già fatto una serie di attività di validazione direttamente al banco e ricevuto un “debug” che solitamente avviene in pista. Ci aspettiamo di avere meno problemi del solito rispetto a quando abbiamo a che fare con le GT3».
Dovrete inviare anche una vettura per l’omologazione in Nordamerica…
«La macchina sarà omologata entro novembre. Il programma prevede l’inizio dello sviluppo in Europa e poi, da ottobre, saremo in pista in Nordamerica con due vetture test. Dunque il 50% dello sviluppo lo faremo qui in Europa e il resto negli USA, comprendendo anche l’omologazione della vettura. Dopodiché ci prepareremo per i primi appuntamenti».
Come gestirete il programma sui due lati dell’Atlantico?
«Per il WEC la base sarà in Italia mentre per gli USA abbiamo già stabilito a Detroit una bellissima nuova sede che sarà la base del programma LMDh e GT3 per Iron Lynx in Nordamerica».
A proposito di GT3, volete correre anche con quelle nel WEC?
«Certamente. Vogliamo schierare due vetture anche in questa categoria nel WEC. Abbiamo molte richieste da parte di clienti che attendono da una vita di poter correre con Lamborghini a Le Mans, ma il numero dipenderà dal numero di ingressi che ci saranno messi a disposizione. Anche in questo caso, il partner sarà Iron Lynx».
L’ultima Lamborghini che ha corso a Le Mans è stata nel 2006: era una Murciélago della JLOC…
«Esatto. E oggi correre a Le Mans è un sogno che si avvera non solo per noi, ma anche per i nostri clienti. E non penso solo a JLOC, ma anche a Barewell, Grasser o Sospiri… squadre che sono con noi da tanto tempo e sono cresciute insieme diventando protagoniste».
Sempre a proposito di GT3 per il WEC, è stato definito il regolamento? Si parlava di un pacchetto aerodinamico e tecnico specifico…
«Sì, ma poi è stato bocciato per motivo di costi: il numero di macchine è troppo ristretto. La GT3 è una categoria che gode di grandissima salute e bisogna stare attenti a non rovinarla. Ovviamente ci saranno regolamenti tecnici per correre nel WEC piuttosto che a Le Mans, ma la nostra richiesta è di lasciare le vetture quanto possibile intatte».
Dove verrà fatto lo shakedown della LMDh?
«A Vallelunga, perché lì sviluppiamo anche le GT3 e le Supertrofeo. Ci siamo legati dal punto di vista tecnico ed affettivo. Per questo faremo lo stesso anche con la LMDh».
A proposito: come sarà denominata? Sarà il nome di un toro come da tradizione per le auto di serie o altro?
«Sarà un numero. E avrà a che fare con la nostra storia».
Qual è la LMDh che ritiene più interessante fra quelle viste finora?
«La Acura che corre nell’IMSA, che mi ha sorpreso per performance, affidabilità ed è gestita anche da due ottimi team (Wayne Taylor Racing e Meyer Shank Racing, ndr). La Cadillac mi sembra che punti a semplicità e robustezza e va anche forte. La Porsche è ancora in crescita. Credo che tutti i team che corrono con vetture LMDh abbiano una storia e un know-how molto importanti. Per questo siamo emozionati e super motivati».