La 24 Ore di Le Mans celebra il suo primo Centenario con una grande mostra che ospita un numero mai visto delle vetture che hanno fatto la storia della corsa francese riunendo pezzi davvero unici sotto il tetto del museo che si trova accanto al circuito Bugatti.
La mostra è stata inaugurata il 31 maggio dal presidente dell’ACO, Pierre Fillon, Patrick Peter (presidente della Le Mans Classique), Dominique Le Mèner (presidente del consiglio dipartimentale de la Sarthe), Véronique Rivron (vicepresidente) e Sébastien Bourdais, pilota che definire “di casa” è quasi riduttivo visto che è nato proprio a Le Mans, nella zona della Maison Blanche, a pochi metri dal circuito della 24 Ore che prende il nome proprio dalla “casa bianca”.
Bourdais correrà quest’anno la sua 16ma 24 Ore di Le Mans tentando di sfatare la maledizione del “profeta in patria”. Non è infatti mai riuscito a vincerla se non nel 2016 con una Ford nella classe GTE piazzandosi per tre volte al secondo posto assoluto con la Peugeot. Con la vettura americana ha vinto anche la classifica di categoria nella 24 Ore di Daytona nel 2017 dove quest’anno è arrivato terzo assoluto al volante della Cadillac V-Series.R con la quale correrà la gara i cui rumori sono stati l’ispirazione della sua infanzia.
La 24 Hours of Le Mans Centenary Exhibition è sicuramente la mostra più completa che sia stata mai dedicata alla “corsa delle corse”. Ospita infatti ben 80 vetture provenienti da 15 musei e 17 collezioni private, coprendo quasi tutte le edizioni. Tra i pezzi in esposizione ci sono 59 auto vittoriose tra le quali manca la Chenard & Walcker Sport 3-litre con la quale André Lagache e René Léonard vinsero la prima edizione del 1923, c’è però la “Tank” che fini decima nel 1925. La flotta più nutrita è quella di Porsche: sono ben 18, a cominciare dalla 917KH numero 23 che nel 1970 vinse fino alle tre 919 Hybrid che infilarono tre edizioni di fila tra il 2015 e il 2017 portando a 19 il bottino complessivo per la casa di Zuffenhausen.
Sono numeri che ne fanno il costruttore più vittorioso della 24 Ore di Le Mans. Dietro, a quota 13, c’è l’Audi che ha portato tutti e 13 i prototipi vittoriosi sul circuito de la Sarthe in sole 17 partecipazioni tra il 1999 e il 2015. Ci sono tutte e cinque le Toyota che si sono aggiudicate le altrettante ultime edizioni. Ferrari, che ne ha vinte nove dominando a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta con le due 12 cilindri vincendone sei di fila tra il 1960 e il 1965, ha alla mostra altrettanti pezzi. Per l’Italia ci sono anche tre Alfa Romeo – che vinse quattro edizioni di fila tra il 1931 e il 1934 – e la celebre Maserati Tipo 61 Birdcage.
Ci sono le due Lorraine-Dietrich che vinsero nel 1925 e 1926 e tre delle sei Bentley che hanno vinto la coppa del 24. Sette edizioni è il bottino storico della Jaguar che ha portato la Type-D e la XJR-9 vincitrici rispettivamente nel 1957 e nel 1988. Ci sono anche la McLaren F1 GTR, che vinse a sorpresa nel 1995, e la WM P88 che nel 1988 raggiunse i 407 km/h alla fine del rettilineo dell’Hunaudieres. Ci sono le tre Matra MS 670 che vinsero tra il 1972 e il 1974 e altri oggetti strani come la Howmet TX del 1968 e Rover BRM Turbine che partecipò tra il 1963 e 1965, entrambe spinte da una turbina a gas, e la Cadillac 61 “Monstre” del 1961.
C’è anche la Aston Martin DBR1 con la quale Roy Salvadori e Carrol Shelby vinsero nel 1959 e tre della Ford GT 40 che dominarono tra il 1966 e il 1969. Ci sono anche le tre Peugeot che hanno vinto altrettante edizioni (1992-1993 e 1999) e la Renault Alpine A442B che trionfò nel 1968 oltre alla Mazda 787 B che vinse nel 1991 ed è ricordata come la prima auto giapponese ad aver trionfato a Le Mans e l’unica ad averlo con un motore rotativo. Opere d’arte meccaniche accanto anche ad altre grafiche come la BMW 3.0 CSL Calder del 1975. Insomma un avvenimento da non mancare per gli appassionati, anche perché durerà fino al 2 luglio.